Forse lo abbiamo fatto per fiducia, forse per convinzione, forse per superficialità. Ma adesso è tutto chiaro. Se Como è politicamente alla paralisi, se questa meravigliosa e sfortunata convalle non vede soluzione a tutti i suoi problemi, la colpa è di chi dovrebbe governarla e invece - alternativamente - insulta i cittadini (le uscite sulla neve), insulta i colleghi (nei giorni dispari), insulta il buon senso (paratie, Ticosa e via elencando). E naturalmente, avendoci preso gusto e non essendo più in grado di distinguere un'insinuazione da una critica, ha cominciato ad insultare i giornalisti.
Cari comaschi, il consiglio comunale della città capoluogo è un suk. Dovrebbe essere il parlamento della città, un luogo in cui si decidono destini di una comunità, ammantato di rispetto per l'istituzione e regolato da precisi codici di comportamento. Qui invece chi più grida più ritiene di contare. E chi vorrebbe in tutti i modi correggere la rotta e ricominciare a mettere la testa sui problemi concreti, ne fa le spese.
Al consigliere Giannattasio non abbiamo niente da dire che si possa scrivere su un giornale. Un pubblico amministratore che scambia con una tronfiaggine e una faciloneria degne del bar sport il diritto di critica con il diritto all'insulto personale, è già abbastanza ammobiliato di problemi. E riesce nell'impresa di essere solo e male accompagnato. Forse è anche colpa del clima. Per capire diventa interessante un accostamento temporale. Mentre alcuni noti conduttori di tg di grido vengono multati dall'Agicom per interviste considerate servili nei confronti del potente di turno, a Como c'è un giornale che prova a esercitare il diritto di critica, a scoperchiare qualche maleodorante pentolone. E tutto ciò innervosisce.il potere.
Per favore, nessuno provi a buttarla in politica. Non con una cronista che non fa sconti come Gisella Roncoroni o con un piccolo direttore come il sottoscritto, che ricorda ancora quando Walter Veltroni - proprio lui fra una citazione di Luther King e una biografia di Bob Kennedy - fu smascherato nel suo inconfessabile segreto: non sapeva l'inglese. Però era vicepresidente del Consiglio, potentissimo e da tutti riverito. Cercò me e il collega Massimo Gramellini, ci trovò e ci disse: «Pregate di non avere mai bisogno di un posto di lavoro». Un gentleman.
Destra, sinistra, sopra, sotto. I politici hanno un debole per gli adulatori e i servi. Agli altri dedicano algidi silenzi e qualche volta insulti. Nessuna novità e nessun problema, signor Giannattasio. Continui pure a storpiare i nomi pensando di essere originale. Augusto per nascita, da lunedì sera Disgusto.
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