Forse sta in una simile percezione, il disagio esistenziale (prima che sociale e politico) che avvertiamo con evidenza e inquietudine. E al quale cerchiamo di trovare un canale dove deviarne il fluire alla ricerca d'uno sbocco sentito come indispensabile, temuto come impossibile. Questa debolezza tanto improvvisa e al tempo stesso forte è la causa del timore (onestamente: anche della confusione) che ci prende guardando al futuro della città.
Vi guardiamo, ed è il dato di maggiore negatività, con pessimismo. Non è una questione legata agli schieramenti e a chi vi dà rappresentanza, è una questione di speranze che scarseggiano. Di prospettiva che sfuma nelle brumosità. Di affermazione d'una serie di valori posseduti a lungo e adesso o posti in discussione o addiritura non ritrovabili. E' come se la città, qualunque città, faticasse a risvegliare la sua vocazione, a richiamarvisi, a praticarla, ad esserle fedele nella certezza che la strada su cui procedere non è altra.
Viene da qui la perdita identitaria. La popolazione che cambia, le attività imprenditoriali che si modificano, il lavoro che si trasforma, le sperequazioni che resistono. La vita stessa che assume, se così si può dire, un diverso colore. E suono. E disegno. Che è mutata nel suo profilo antropologico, nel suo disperdersi indaffarato ogni mattina nei rivoli della società, nel suo correre più insensato che assennato verso un domani imprevedibile come sembra non esserlo mai stato. Non che ciascuno, naturalmente, non sappia qual è il suo compito quotidiano, come attendervi, che risposte dare alla domanda settoriale che lo riguarda. Però, con sincerità: la sensazione è che siamo tutti saputi d'un qualcosa di specifico, e procediamo all'insaputa di quel qualcosa di generale (non di generico) che dovremmo sapere. La sensazione è che non ci manca la capacità di capire un tubo, ci manca quella di non capire altro che un tubo.
Se questo è vero (temiamo che purtroppo sia vero), a risolverci il problema non sarà il risultato A piuttosto che il risultato B del secondo turno elettorale. Sarà nel non avere più santi che nicchie, nel convincerci che le novità migliori stanno nel recupero di quelle che lo erano un tempo e delle quali si è perduto il ricordo. Non stanno nell'aggiungersi dell'inutile, ma nel servirci di quanto è utile al futuro della città. A cominciare dalla ricerca dell'armonia, dell'assonanza, della concordia: cioè di uno spirito di servizio trasversale ai partiti e alle fazioni e agl'interessi. Ci darebbe, questo ritrovarsi uniti nelle differenze, la sicurezza che ci manca. E dalla quale deriva ogni altra insicurezza.
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