Proprio ieri, infatti, il presidente dell'Fmi ha rassegnato le dimissioni. Le pressioni su di lui erano fortissime ed egli ha preferito sciogliere almeno questa difficoltà. Ma già si è aperta una complessa partita che sta scatenando molti appetiti e che, sotto certi punti di vista, potrebbe un po' ridisegnare gli equilibri del potere globale.
Creata nel 1944 per favorire una migliore gestione "globale" dell'economia, l'Fmi è una delle istituzioni in prima fila nella creazione di un sistema politico unitario per tutti gli uomini. Come l'Onu o il Tribunale internazionale per i crimini di guerra, questo istituto con sede a New York intende rappresentare un punto di vista sottratto a partigianerie e nazionalismi, agendo nell'interesse dell'intero genere umano. Ovviamente all'atto pratico non è proprio così, come dimostra la lotta alla successione a Dsk che è già partita.
In cima alla lista dei candidati, infatti, c'è Dominique Lagarde. Non sono le sue credenziali di economista a porla in quella posizione, ma il fatto che è francese. Scandalo o meno, Parigi non intende perdere quella posizione di prestigio; e comunque nel suo insieme è tutta l'Europa che vuole mantenere un proprio rappresentante, specie ora che la crisi dei bilanci statali rischia di squassare l'euro e con esso l'Unione. Negli anni Quaranta, per giunta, gli accordi di Bretton Woods delinearono un politica finanziaria globale che di fatto assegnava all'America uno dei due organismi finanziari internazionali (Banca mondiale e Fmi) e all'Europa l'altro. Dato che oggi la Banca mondiale è presieduta da un politico statunitense, il repubblicano Robert Zoellick (imposto da George W. Bush jr), gli europei vogliono la posizione lasciata libera da Dsk. Questa pretesa sembra però ignorare che gli ultimi sessant'anni hanno modificato gli equilibri del pianeta e che l'Asia, comprensibilmente, domanda più spazio.
Essenzialmente il conflitto è qui. Poco importa cosa potrebbe fare la Lagarde, che certo non ha dato buona prova di sé alla guida dell'economia francese, o gli altri candidati in ballo. Sono ben pochi, in effetti, quelli che riflettono sui disastri che l'Fmi ha causato nel Terzo Mondo, aiutando con i propri generosi prestiti i regimi alla guida di mezza Africa e Asia, né quelli che si interrogano sugli errori che l'Fmi ha contribuito a causare anche nel Vecchio Continente, dove non intende negare risorse proprio a proprio quegli Stati - dalla Grecia al Portogallo - che peggio hanno gestito i conti pubblici.
L'Fmi è stato il parto congiunto di idealisti ingenui e di cinici spregiudicati. È facile prevedere che continuerà a essere glorificato dai primi e sfruttato dai secondi.
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