Cominciamo dalla gestione del servizio idrico. Sappiamo che l'oggetto della legge Ronchi non è la privatizzazione dell'acqua, che è un bene pubblico e tale rimane; non ci sono bandi di vendita per sorgenti, fiumi o laghi. Ciò di cui si parla è la necessità di sottrarre la gestione del servizio idrico al monopolio della mano pubblica, imponendo che almeno il 40% delle società che forniscono acqua sia posseduto da soggetti privati. Se qualcuno ha dubbi sugli scempi che la gestione pubblica ha provocato nel campo delle risorse idriche, promuovendo solo clientelismo e sprechi, basta fare il nome dell'Acquedotto Pugliese, dove le perdite "fisiche" rappresentano circa il 35% dell'acqua condotta. E che dire delle perdite delle municipalizzate di cui finisce per farsi carico la collettività?
Certo, le aziende private hanno la redditività come fine e tale movente rappresenta il miglior antidoto al clientelismo che caratterizza la gestione pubblica. Se ci sono buoni rendimenti, ci saranno anche l'incentivo e la base economica per fare gli investimenti. E veniamo al secondo quesito, quello riguardante la determinazione delle tariffe del servizio idrico, dove si vuole abrogare il principio che le tariffe debbano garantire la remunerazione del capitale investito. Come è possibile pretendere che qualcuno faccia investimenti che poi non rendono?
Quanto al nucleare, ci sono tre ragioni per vederlo con favore. Primo, minimizza le emissioni di gas serra, a differenza di carbone e petrolio. Secondo, presenta meno rischi geo-politici del petrolio. Terzo, è meno costoso di ogni altra fonte di energia, prime fra tutte quelle rinnovabili, relativamente alle quali nessuno è riuscito a dimostrare che possano contribuire significativamente ai fabbisogni futuri di energia . Se poi tedeschi o svizzeri hanno deciso per la moratoria nucleare, non dimentichiamoci che quei paesi hanno già una significativa produzione di energia nucleare. Per finire, sulla sicurezza, quella della diga del Vajont fu una tragedia che fece migliaia di vittime. Ma a nessuno venne in mente di rinunciare all'energia elettrica.
Sui referendum, i si di Bersani faranno contente le correnti "movimentiste" della sinistra, ma molto meno quegli elettori cosiddetti borghesi che hanno fatto vincere Pisapia a Milano. E' il dilemma di sempre: ai leader del Pd interessa vincere i congressi o le elezioni?
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