Quella dei calciatori che scommettono a perdere sulla propria squadra è una porcheria. Quella della palla avvelenata che fa marcire la passione italiana per lo sport nazionale nei secoli dei secoli è una meschinità. Ma arrivare dopo migliaia di intercettazioni e decine di arresti a formulare il dubbio che la Giustizia abbia ancora una volta sacrificato parte della verità sull'altare dello spettacolo è disarmante. Per questo, proprio nel momento in cui avremmo tutti la tentazione di buttare a mare la tessera dello stadio e dedicarci al badmington, è meglio armarsi di pazienza e attendere novità. Fiato sospeso, nessun giudizio, massima prudenza. Perchè, così a naso, anche in questi giorni umidi c'è aria di polverone.
Beppe Signori - regista inamovibile d'una squallida partita di giro - ha parlato a lungo, ha rivelato molto, ha tracciato le linee guida dell'inchiesta basata ancora una volta sulle intercettazioni telefoniche. E i riscontri su alcuni fatti sono incontrovertibili e inquietanti. La vicenda più paradossale e criminosa è il sonnifero nel thé dei giocatori della Cremonese fatto scivolare tra il primo e il secondo tempo dall'immaginifico portiere (della Cremonese) Marco Paoloni per intontirli e favorire la vittoria degli avversari. Il Paoloni non solo ha interpretato a modo suo il motto del telecronista Fabio Caressa («Adesso tutti a bersi un thé caldo»), ma ha di fatto attentato alla pelle dei colleghi, i quali al termine della partita hanno preso sonno in macchina a rischio incidente. Ora lui smentisce, ma i compagni lo accusano. E i coccoloni contemporanei al volante sono tutti da giustificare.
Era partita bene, questa inchiesta. Come si suol dire: fattuale. Tutti inchiodati alle responsabilità. Poi la voglia di scandalo di serie A (che potrebbe ancora esserci) ha fatto fare a pubblici ministeri, a giornalisti, ai soliti faccendieri che ingrassano alle spalle del dio pallone il salto di qualità. E un po' tutti abbiamo cominciato a spararle grosse. E nel mucchio. Poichè non è la prima volta che s'innesca il corto circuito, è il caso di sottolineare a voce alta la degenerazione. Semplicemente per onestà.
Quello del calcio è un mondo con protagonisti che hanno risorse economiche e mediatiche sufficienti per non farsi travolgere dalle inchieste (per qualcuno Moggi è ancora un santo). Ma i tifosi vanno rispettati. I bambini che giocano all'oratorio con la maglia del loro campione hanno il diritto di saperlo eroe fino a quando una sentenza non lo dichiarerà disonesto. Questione di punti di vista, nel senso di zone d'osservazione. Se n'è accorto anche Luigi De Magistris, invitato a esprimersi sul camorrista fotografato a bordocampo durante una partita del Napoli. Da magistrato lo avrebbe arrestato e avrebbe inquisito tutta la squadra compresi Lavezzi e Hamzik. Invece si è solo meravigliato. Sarà perchè adesso è il sindaco di Napoli.
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