Puntuali gli avvoltoi si precipitano sui dati in uscita dai seggi, decidendo come da facile previsione di approfittarsi dei numeri: “dimissioni del governo”, “è una sconfitta di Berlusconi”… Io dico che il raggiungimento del quorum a distanza di anni dall'ultimo evento simile non è una sconfitta del governo: è un segnale per chi, a destra e a sinistra, pensa di fare politica senza gli italiani, credendo nel menefreghismo dei cittadini. No, i cittadini hanno voglia di dire la loro sulle questioni concernenti il futuro del Paese; hanno voglia di prendere parte attiva nel traghettare l'Italia verso il domani.
La partecipazione di massa al referendum, posta a confronto con la scarsa affluenza delle più recenti elezioni, sottolinea la serpeggiante disaffezione degli italiani nei confronti non della politica, ma dei politici. Va letta come una presa di posizione. La gente diffida di chi fa politica oggi in Italia e non è più disposta a contribuire attraverso il proprio voto all'ascesa del partito di turno che entro pochi mesi, dimentico delle promesse fatte in campagna elettorale, torna a compiere i propri interessi. Purtroppo è un malcostume che i cittadini conoscono bene e che sopportano per qualche tempo, salvo poi presentare il conto a chi pretende di considerarli inutili.
Il malcontento nei confronti dei privilegi di palazzo, dei rimborsi spese, della rilevanza data a questioni di secondo conto, è diffuso: basta pensare al successo del filone di letteratura giornalistica aperto pochi anni orsono da “La casta”, di Stella e Rizzo, o a certe catene di sant'Antonio che periodicamente circolano via e-mail, in cui si denunciano gli aumenti di stipendio dei parlamentari. Gli italiani sono stanchi delle promesse vane e delle parole senza passione, ma non si sono stancati ancora di cercare il proprio posto tra i rematori della nave dello stato: e lo fanno prendendosi la responsabilità di scegliere, quando sono chiamati in causa, votando secondo le proprie convinzioni e seguendo il buon senso, a prescindere da simpatie politiche.
E all'annuncio dei risultati, è ora di prendere posizione ancora più nettamente: basta con i politici che sfruttano ogni evento per opportunismo, leggendo da ogni parte le evidenze di una sconfitta dell'avversario di turno. Tre quesiti su quattro non avevano legami con Berlusconi: vedere nella partecipazione al referendum la sua sconfitta significa approfittare a proprio vantaggio delle scelte libere e indipendenti degli italiani.
E se invece fosse vero, se quei milioni di votanti fossero andati alle urne per far cadere il governo, allora un solo commento sarebbe appropriato: un popolo di stolti è quello che usa una scelta importante per il proprio futuro per meri interessi politici.
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