Sul pratone domani, a quanto pare, potrebbe parlare solo il Senatur. È il fatto che circoli questa voce è già la spia di una Lega non più così monolitica. Nelle tappe di avvicinamento al grande raduno la voce che si è udita di più dal seno dei lumbard è stata quella di Roberto Maroni. I pissi pissi che danno il ministro dell'Interno in rampa di lancio per palazzo Chigi si fanno sempre più forti giorno dopo giorno. Del resto, in un governo la cui popolarità è ormai pari a quella di un hamburger in una macelleria tedesca (vedi alla voce Brunetta) il volto baffuto di Maroni appare tra i più presentabili, anche in funzione di un dialogo con l'opposizione per un esecutivo di emergenza nazionale.
Non va scordato come, nel 2000 si sia giunti a un passo da un accordo tra la Lega e l'allora Pds per la Regione Lombardia. E chi era il candidato alla presidenza? Roberto Maroni. Le aspirazioni di Bobo, supportate da una parte del suo partito, potrebbero spiegare anche la rottura tra i lumbard e Tremonti sulla politica fiscale. Il titolare dell'Economia, infatti, è un altro degli aspiranti successori del Cavaliere per un governo di decantazione fino alle elezioni anticipate del 2012 e poi si vedrà. Ecco perché Pontida si gioca tra i due pollici. Sul pratone sfileranno più che mai la Lega di lotta e quella di governo. Bossi dovrà ancora una volta indicare la rotta e decidere se sciogliere, o più probabilmente, mantenere l'ambiguità per non correre il rischio di raffreddare del tutto una base già tiepida.
La storia ci insegna che le grandi svolte del Carroccio non sono mai passate dall'annuale raduno. Il pratone serve per galvanizzare la base e, soprattutto domani, a tastarne il polso. Le decisioni strategiche della Lega sono sempre state assunte in totale solitudine da Bossi. E mai comunicate al popolo lumbard durante i tanti appuntamenti rituali da Pontida a Venezia. Non sarà domani il giorno in cui ci sarà dato sapere di che morte (ovviamente politica) dovrà morire il Cavaliere. Decisivi, casomai, saranno gli appuntamenti parlamentari del dopo Pontida. A partire dalla verifica della maggioranza ad assetto variabile imposta da Napolitano, fino a i tanti casus belli che potranno nascere in Parlamento all'interno di una coalizione dove lo scontro fra Pdl e Lega assume connotati sempre evidenti, anche sotto il profilo geografico.
Difficile che l'alleanza, stordita dagli sberloni incassati alle amministrative e ai referendum, possa continuare in questo modo. Oltretutto, quello che a Roma appare come un duello per ora giocato con sottili colpi di fioretto, in periferia sta assumendo i contorni di una vera e propria resa dei conti. Ma più che il rilancio della coalizione a Bossi preme quello del suo partito. Dove, guarda caso, non si parla quasi più di federalismo dopo il mancato effetto sulle urne della riforma. Qualunque cosa dica il Senatur a Pontida, molte cose cambieranno dopo.
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