Umberto Bossi, come previsto, non rompe con Silvio Berlusconi, ma dal "sacro" pratone di Pontida - tornato stracolmo di fazzoletti verdi - sale più volte il grido "secessione, secessione". Per contenere l'urlo del "suo" popolo, il Capo padano detta al governo l'Agenda di Pontida, tempo 180 giorni e poi "ce ne andiamo quando vogliamo". Tratta a male parole Pier Luigi Bersani, ma avverte che ora non si può, se cade Silvio Berlusconi si va a votare (quindi Lega indisponibile a esecutivi tecnici) e oggi vince la sinistra. Questo spauracchio, dopo le due sberle elettorali, strozza l'urlo secessionista, lo "isola" nell'aria di Pontida, pronto a essere liberato a fine anno, appunto tra 180 giorni. Paura passata dunque per il cavaliere? In parte. Il funerale lo ha evitato, ma già domani arriva il primo impegno da rispettare: allentare le ganasce di Equitalia sulla gente che già paga le tasse, cominciando dai contadini (cui hanno sequestrato i trattori) e le piccole e medie imprese, cioè la locomotiva del Nord, oppresse "oltre ogni limite". Umberto Bossi per la prima volta scende nei dettagli, non indica solo i punti dell'Agenda. Per chi lo conosce è una novità che testimonia la consistenza del "penultimatum" che scade a Natale. Il punto cruciale, per un partito nato e prosperato sul territorio, è la richiesta, ribadita in più di un passaggio anche da Roberto Maroni, di riscrivere il Patto di Stabilità per i Comuni, il motore della Lega. Il destinatario di questa, e di altre richieste, è l'amico fraterno "Giulio". Il senatùr non chiama quasi mai per cognome il ministro del Tesoro, ripete "caro Giulio", quasi accarezzandolo verbalmente, sventolandogli però la minaccia di non portagli più l'aiuto dei padani in Parlamento. Quel "se vuoi ancora i voti della Lega" significa che da Pontida non è più tutto garantito, nemmeno al fraterno "Giulio" Umberto Bossi si è più volte soffermato su alcuni "se". Un'oratoria per spiegare, e convincere, la sua gente che - oggi - il premier non può essere abbandonato nonostante dal pratone salisse un'aria di fuga, di addio al governo. Ma vestendo i panni del fondatore, e non del rivoluzionario come un tempo, Umberto Bossi è riuscito convincere - per ora - il "suo" popolo, ricordando che senza i voti del cavaliere il federalismo fiscale non sarebbe sotto il traguardo. Ha concesso alla sua gente un "penultimatum", anche quando ha detto che - oggi - la leadership di Silvio Berlusconi "non è in discussione" ma lo sarà al prossimo giro, se non ascolterà "le nostre richieste". E per rispettare l'Agenda di Pontida, oltre a concedere ai Comuni virtuosi la possibilità di spendere i propri soldi (compito di Giulio Tremonti), il premier nelle prossime settimane deve eseguire, subito, almeno due richieste leghiste. Lo stop o la riduzione delle missioni di pace, la Libia è già costata un miliardo di euro. Secondo punto, e qui il Pdl può dilaniarsi, la creazione dei ministeri al Nord. Il sindaco di Roma ha già annunciato una mozione parlamentare contro. Ultima nota politica emersa da Pontida, gli equilibri interni al movimento. Il Capo padano ha chiamato al microfono solo due persone: a Roberto Calderoli ha chiesto di spiegare le ragioni degli allevatori "ingiustamente multati" per le quote latte; a Roberto Maroni ha chiesto un intervento "politico". Il ministro e' stato salutato da un'ovazione e uno striscione si e' alzato con su scritto "Maroni premier".