Dalla sua il premier ha una sorta di nuovo gioco di società che sembra aver preso piedi nel mondo politico e dintorni: quello del penultimatum. Sarà una moda della Seconda Repubblica. Nella prima gli ultimatum fioccavano ma poi finiva tutto come i ladri di Pisa. La politica di oggi, con la fregola di rinnovare tutto, naturalmente con lo stile del Gattopardo, ha cambiato anche questa abitudine. I penultimatum sono proiettili di gommapiuma. Fanno un po' di scena ma non male. L'ultimo dei penultimatum (si perdoni il calambour) l'ha lanciato ieri Emma Marcegaglia, presidente degli industriali. Persino lei, di solito tosta, è caduta nella trappola chiedendo al governo manovra e riforma fiscale. Altrimenti? Altrimenti ci arrabbiamo, forse. Il penultimatum più surreale l'ha lanciato da Pontida Umberto Bossi. Mentre lui sul palco faceva "bum" («Alle prossime elezioni ci potrebbe essere un altro candidato premier ma intanto si va avanti così perché se si vota vince la sinistra»), la sua gente sul pratone diceva altre cose, certo meno diplomatiche e pazienti. Un esempio palpabile di come anche un leader dalle antenne sensibili come il Senatur abbia perso la sintonia con la base. Ci sono poi i penultimatum senza frontiere come quelli dell'Europa che un giorno ci dice che rischiamo di spezzarci le reni come la Grecia e il giorno successivo che i nostri conti non sono così disastrati e ogni caso servono politiche per ridurre il debito. Tutti questi penultimatum hanno in comune le richieste: quella sulla riforma fiscale appare quasi fantascientifica. Si pretende che il Cavaliere faccia in un mese quello che non gli è riuscito in nove anni di governo con condizioni politiche ed economiche più favorevoli. E comunque seduto sulla cassa c'è Tremonti.
Nel coro dei penultimatum manca quello del principale partito di opposizione che, stando ai sondaggi, con un'inconsapevolezza degna di Scajola, sarebbe maggioranza.
Potrebbe arrivare non fosse che il suo segretario, Pierluigi Bersani (quello che imita il comico Maurizio Crozza) è impegnato nella immancabile polemica a sinistra con Niki Vendola. Perché, come diceva Prodi che - in questo caso suo malgrado - se ne intendeva, nel centrosinistra «competition è competition». Visto il contesto, perciò, c'è da stupirsi se Berlusconi va a godersi i primi caldi a villa Certosa in dolce compagnia e manda avanti Pasquale a prendere schiaffoni?
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