L'Italia è in pericolo per ragioni che, in primo luogo, vanno cercate nella vicenda di un Paese con un numero esorbitante di dipendenti pubblici e con privilegi vergognosi. Basti pensare a chi è andato in pensione dopo 15 anni, sei mesi e un giorno di contribuzioni; oppure a chi - sempre nel pubblico - di fatto gode di un "ruolo" che lo mette al riparo da ogni licenziamento; oppure ai mille rivoli fuori controllo (dalla sanità alla cultura, dal Sud alle industrie assistite) di una spesa statale che produce tasse elevate e deficit strutturali. Se l'Italia si ritroverà nel caos in cui versa la Grecia, divisa tra la necessità di riformarsi e una piazza dominata dalla demagogia, non potrà prendersela con gli speculatori. Dovrà invece riflettere sul troppo tempo perduto: rinviando le liberalizzazioni e mettendo in soffitta le privatizzazioni (Eni, Enel, ecc.), rinunciando a ogni "operazione dimagrimento" del settore statale (l'abolizione delle province, ad esempio) e quindi impedendo ogni riduzione delle imposte su imprese e lavoratori. Adesso la Grecia ha solo pochi giorni per realizzare quei cambiamenti che non ha saputo compiere nel corso di anni. Diversamente l'Unione le negherà ogni aiuto e il Paese andrà in bancarotta. Ma questo metterà ancor più a rischio noi stessi. Ogni crisi all'origine è figlia di una storia lunga e complessa, ma poi il disastro si manifesta all'improvviso. Non si può dunque far finta di nulla, anche perché il rischio è che Moody's ci declassi ancora, gli interessi sul debito salgano da un giorno all'altro, le tensioni sociali si facciano acute e Roma diventi, da un momento all'altro, una mostruosa dilatazione di Atene e dei suoi travagli. Bisogna allora che la riforma fiscale - riguardi essa Iva, Irpef o altro - non si limiti a ridistribuire gli oneri, ma riduca con coraggio il peso fiscale e quindi sia accompagnata da un taglio delle uscite. È però un paradosso che proprio nel momento in cui i referendum sull'acqua hanno decretato una riaffermazione della cultura statalista (poiché gli italiani hanno scelto l'acquedotto di Stato, contro ogni ipotesi di concorrenza) l'Italia sia chiamata a cedere le imprese pubbliche ed eliminare privilegi e protezioni. Sempre che si sia ancora in tempo, e sempre che ci sia ancora qualcuno davvero interessato al futuro del Paese.
© RIPRODUZIONE RISERVATA