Per capire come il mondo non sia tutto ossessionato dalla "notte prima degli esami" basta leggere un articolo di pochi giorni fa di The New York Times dedicato ai cosiddetti "homeschooler", quei due milioni di studenti americani che non frequentano un istituto (pubblico o privato), ma studiano a casa e si formano grazie ai genitori e alla rete interfamiliare a cui questi ultimi hanno aderito.
I primi passi di tale movimento si erano visti negli anni Sessanta, quando la "controcultura" aveva rigettato il "sistema" anche in tal modo. L'esplosione della "homeschooling" si è avuto però negli ultimi trent'anni soprattutto per iniziativa di quegli evangelici conservatori che non accettano di consegnare l'educazione dei figli a insegnanti avversi ai loro valori. Ma oggi pure questa fase è in parte superata, dato che molti adottano questo metodo educativo (dove un genitore insegna inglese, un altro matematica, un altro ancora biologia ecc.) pure in assenza di motivazioni ideologiche.
Intervistati, alcuni studenti che dopo un paio di anni liceali sono passati alla "homeschooling" dicono che ora sprecano meno tempo e apprendono meglio. Per giunta, ormai non solo esiste una vasta editoria specializzata, ma vi è pure un'offerta massiccia di corsi on-line.
La cosa che più colpisce, ad ogni modo, è che famiglie e ragazzi si fanno carico in prima persona della formazione. A quel punto non conta più strappare una sufficienza (magari copiando dal vicino di banco), ma diventa invece decisivo apprendere e imparare ad apprendere. E in università quanti provengono dalla "homeschooling" ottengono di solito risultati eccellenti. Mentre l'Italia è prigioniera di conflitti ottocenteschi tra chi difende il monopolio statale e chi vorrebbe invece un sistema basato su scuole libere, in America la discussione è ben oltre: e il diritto dei genitori a educare i propri figli è a tal punto cruciale che una coppia che aveva provato a praticare la "homeschooling" nel Baden-Württemberg, senza però riuscirvi (a causa della legislazione tedesca), ha ottenuto asilo politico in Tennessee. Negli Stati Uniti si pensa dunque che lo Stato può certo aiutare le famiglie, ma queste ultime non possono essere emarginate. È anche significativo come lo stesso Obama incoraggi un altro fenomeno peculiarmente statunitense, quello delle "charter schools", ossia quelle istituzioni scolastiche gestite secondo logiche private (dato che i docenti possono essere licenziati, poiché si è deciso di anteporre a ogni cosa i diritti degli studenti).
Sono modelli che in Italia non sono immediatamente riproducibili. Ma certo anche da noi bisogna riaffermare il diritto a prendersi davvero cura dei figli, una volta che li si è messi al mondo. E che c'è pure bisogno di un sistema educativo che apra strade nuove e che non necessariamente obblighi migliaia di studenti a leggere, tutti assieme, la medesima poesia di Ungaretti: nello stesso giorno e alla stessa ora.
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