Ci risiamo. L'iscrizione del Calcio Como al campionato di Lega Pro Prima Divisione non è andata a buon fine. Manca un documento fondamentale: la fideiussione di 600.000 euro. La squadra rischia di non partecipare al campionato e di sprofondare per la seconda volta in serie D, cioè fra i dilettanti. Ma forse è giusto. Noi comaschi siamo dei dilettanti o per lo meno ci comportiamo da tali in un mondo sempre più competitivo, dove programmazione e professionalità sono indispensabili per crescere. Altrimenti si va indietro. Non siamo gli unici dilettanti, è vero - siamo in compagnia di squadre (e città) in difficoltà come Salerno, Ravenna, Lucca, Foggia e altre - ma chi disse per primo "mal comune mezzo gaudio" doveva avere alzato il gomito. La verità è che non riusciamo a toglierci dalle sabbie mobili in cui siamo sprofondati. Vale per il modo grottesco con cui amministriamo il bene pubblico e per come affrontiamo la crisi socio-economica e più in generale il futuro. Nella fattispecie vale per l'apatia cronica che ci prende quando dobbiamo intervenire per salvare un valore collettivo che ci appartiene. Il Calcio Como ci rappresenta valorosamente dal 1907 e la sua storia (14 partecipazioni al campionato di serie A e 40 a quello di B), le sue attuali tribolazioni non ci possono lasciare indifferenti. La sua sopravvivenza e il suo auspicabile rilancio non riguarda solo la sparuta e lodevole minoranza di tifosi lariani che resistono a ogni tipo di oltraggio morale e sportivo. No, riguarda l'intera città, la convalle e la provincia. Per questo motivo, occorre salvare il soldato Ryan. Gli dobbiamo tanto: emozioni e ricordi. In qualità di vecchio tifoso del Como, ho visto insediarsi molti presidenti nella sede di via Sinigaglia. Alcuni erano galantuomini competenti e innamorati di calcio, come Roncoroni, Tragni, Beretta e Gattei. Altri ci hanno illuso e gabbato, come il demolitore Preziosi. Forse l'attuale presidente Di Bari non ha la statura di chi l'ha preceduto ma sarebbe ingiusto non riconoscergli alcuni meriti: la passione, la competenza calcistica e, sopra ogni altra cosa, il fatto di avere riportato il Como tra i professionisti. Di Bari sa fare le nozze coi fichi secchi e di questi tempi è una fortuna. La sensazione, però, è che anche i fichi siano finiti. Il paniere è vuoto e a quanto pare non c'è nessuno che voglia aiutare a riempirlo. Temo che ottenere la fideiussione in tempo utile (12 luglio) sia un'impresa disperata. Come sono lontani i tempi in cui non solo avevamo una squadra forte e vincente ma anche banche locali (Lariano e Amadeo) i cui direttori avrebbero messo una mano sul cuore firmando il loro assenso per non buttare alle ortiche un patrimonio della città.
Altri tempi. L'unica cosa che si può fare oggi è lanciare un appello agli imprenditori. Salvate il Como, vi prego. Fatelo per i vostri figli, i vostri nipoti. Magari non ve ne frega niente del pallone, nondimeno date una mano per evitare alla città l'ennesima figura barbina. Il Novara è salito in A e c'è mancato poco che ci riuscisse anche il Varese. E noi chi siamo? Aiutate il Como a sopravvivere, in attesa di tempi migliori. «Il successo consiste nell'andare di insuccesso in insuccesso senza mai perdere l'entusiasmo», dichiarò Churchill mentre Londra era sotto i bombardamenti aerei. Nessuno ci sta bombardando eppure l'entusiasmo dei comaschi è scivolato sotto i tacchi. Ritroviamolo in fretta se vogliamo essere vincenti.
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