Passati i quaranta, uno inizia a far piazza pulita della fuffa. Basta dietrologie, basta amicizie di facciata, basta invidie da cortile e piccole strategie da uomini meschini. Basta tempo perso. Perché vederlo passare è triste, ma alle persone sagge porta consiglio. Meglio, allora, aggrapparsi alle presenze più solide, a quelle che veramente servono per farti sentire un po' meno solo e appena un poco più utile nel caos dentro il quale ci sembra di sprofondare tutti quanti: le tue passioni, i tuoi ricordi dolci o amarissimi, la tue persone care, anche se una di queste da qualche tempo vive in un mondo tutto suo, i tuoi figli, i tuoi libri, i tuoi film, la tua squadra meravigliosa. Il tuo lavoro. L'etica del tuo lavoro.
E se è quello del giornalista, non esiste momento, se non più felice, di sicuro più importante di quello di dirigere un giornale. Il giornale dove vent'anni prima hai pubblicato la prima breve. E' un'occasione che capita a pochi, pochissimi. Chi scrive è perfettamente consapevole che ci sono tanti giornalisti molto più capaci di lui che non l'hanno mai avuta e mai l'avranno solo per una circostanza avversa, una tempistica sbagliata, una sfortunata combinazione del destino, ma sa anche che tanti altri molto peggio di lui la sperimentano grazie a percorsi che sono tutto fuorché professionali. Non ha senso, forse, ma questa è la vita. E quindi a una persona seria a cui capiti un'opportunità del genere poi resta una sola cosa da fare: meritarsela.
Ora, il bravo direttore dovrebbe prefigurare roboanti strategie e intuizioni illuminanti per il futuro della Provincia di Como, di Lecco, di Sondrio e di Varese (in ordine rigorosamente di anzianità di servizio). Ma sarebbe una sciocchezza. L'obiettivo è uno solo, semplice e proprio per questo impegnativo: fare un buon giornale. Serio, completo, autorevole, affidabile anche se capace di rompere i vecchi schemi. E soprattutto leale. Viviamo un periodo di grande slealtà nel mondo dei media, per una ragione o per l'altra si cammuffa come opinione l'obiettivo di lisciare il pelo ai lettori o di puntare tutto sulla loro pancia dimenticandone invece la testa e il cuore, che sono poi le uniche cose che contino. Ed è anche per questo che i giornalisti sono diventati così poco credibili da trasformarsi in una delle categorie più irritanti, protette, servili e autoreferenziali di questo paese.
Bene, La Provincia ha il vantaggio di avere uno dei pochissimi editori puri del panorama nazionale, un editore che non fa affari, non ha interessi politico-finanziari, non ha linee di credito e di debito da gestire, si basa su codici etico-culturali solidi e profondissimi e su una strategia che fa della moderazione e del rispetto delle persone - tutte - il suo punto di riferimento. E moderazione non significa pavidità o doroteismo: vuol dire, invece, buon senso e voglia di rappresentare tutti, raccontare tutto, commentare tutto.
Como, Lecco, Sondrio e Varese sono territori diversissimi tra loro e policentrici anche al proprio interno: la ragione sociale della Provincia è rappresentarli nella loro ricchezza - ogni edizione a suo modo e in piena autonomia - sia con la tradizionale formula cartacea sia attraverso le nuove tecnologie che stanno rivoluzionando il mondo dell'informazione e sulle quali stiamo investendo come nessun altro in ambito locale. Perché non è vero che la gente non ha più voglia di notizie, ha solo voglia di nuovi mezzi per conoscerle.
Infine, alcuni ringraziamenti doverosi. Innanzitutto a Giorgio Gandola, che ha gestito con competenza e mano ferma il giornale in anni difficilissimi, aprendolo al mondo del web. Poi, un grazie ad Alessandro Sallusti per avermi selezionato come caposervizio delle pagine culturali della Provincia, a Vittorio Feltri per avermi scelto come editorialista prima e come caporedattore e capocronista di Libero poi, e infine a Maurizio Belpietro con il quale mi accingevo a sperimentare un nuovo incarico da inviato-editoralista. Ma un grazie speciale lo devo rivolgere a Michele Brambilla, che mi ha voluto come responsabile dell'edizione di Lecco e che per me rappresenta un profilo culturale, morale e umano unico, e a Wladimiro Dan, la persona che diciotto anni fa ha dato un posto di lavoro a un malcapitato supplente delle medie di Olginate, gli ha insegnato tutto ed è stato anche l'unico a farlo piangere di vergogna dopo un pezzo scritto con sciatteria e superficialità.
Tutto inizia e tutto finisce, perché tutto passa. Quindi finirà - prima o poi, con applausi o disonore - anche questa avventura. La certezza di esserci arrivato senza tessere, senza salotti, senza filiere e proveniendo da una famiglia di condizioni umilissime, quella invece resta. Ed è una gioia senza prezzo, che nessun bonus, benefit o comparsata tivù potrà mai pareggiare. E' un piccolo insegnamento, una speranza per chiunque voglia farcela da solo, perché questa è la cosa più bella del mondo.
Ogni tanto sei in testa, altre volte resti indietro: la corsa è lunga, ed è solo con te stesso.
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