E questo è strano. Di solito i periodi eccezionali producono personaggi eccezionali, capaci, nei momenti di svolta, di compiere quelle scelte traumatiche che chiudono col passato per avviare una stagione nuova. Oggi invece, mentre l'Italia sta attraversando uno dei momenti più bui della sua storia recente e il pericolo di un attacco speculativo che la trascini verso una condizione greca o portoghese non è più un'ipotesi di scuola, la nostra classe dirigente - tutta - si manifesta tragicamente nella sua pochezza.
E non è questione di destra o di sinistra. Questo giornale - i suoi lettori lo sanno - non si interessa ai partiti né li sposa, ma si appassiona invece ai problemi che toccano il proprio territorio. E questo è un problema. E' possibile che oggi tutte le energie della politica siano concentrate su una sentenza di una vicenda vecchia di vent'anni o sulle risse pubbliche tra ministri con risvolti ora da Karamazov ora da avanspettacolo felliniano o sull'eterna manfrina dei costi del palazzo che sono sempre da tagliare ma che poi nessuno taglia mai? E' tutta qua l'agenda politica? Tutto qua il piano per il lavoro, per i giovani, per salvare il paese dalla bancarotta?
Sembra davvero che nessuno si renda conto che potremmo infilarci dentro una sindrome simile a quella del '93 ma forse anche di più a quella degli anni Settanta, convinti tutti quanti che tanto a un certo punto entrerà in gioco lo stellone che ci permetterà di andare avanti esattamente come prima: soldi a tutti, niente tagli, niente rigore, sprechi a mille tanto poi qualcuno arriva e paga. Che pena…
Lo sfarinamento della maggioranza di centrodestra, che porta con sé la dissoluzione di tutta una stagione non solo politica, ma anche antropologica, non fa intravedere soluzioni né al suo interno, visto che è stata appena killerata la candidatura più autorevole per la successione, quella di Giulio Tremonti, né al suo esterno, con una sinistra schiacciata tra il doppio populismo di Vendola e Di Pietro. Da qui lo sconforto di chi vede crollare tutto senza nessuno che proponga un piano alternativo credibile non inficiato dalla demagogia e dal velleitarismo. Non c'è niente in campo, o almeno per ora così sembra. Anche se la cosa più brutta non è neppure questa. Il dato davvero umiliante è cogliere quanta incompetenza, quanta impreparazione covi dentro tante figure della politica, locale e nazionale, che devono alla piaggeria e al servilismo tutte le loro fortune, che a veder sfarfalleggiare certe ministre - così come straparlare certi liderini dell'opposizione - ti viene da piangere. O da ridere, che è pure peggio.
E allora il pensiero più naturale che accarezziamo per rinfrancarci è che noi siamo meglio di loro e che loro - con quelle facce, con quei gesti, con quel vocabolario da osteria - ci abbiano scippato il potere di decidere, che andrebbe affidato non ai più furbi o ai più introdotti, ma ai più capaci. E forse migliori lo siamo per davvero. O forse no, perché se si è arrivati a questo punto è anche colpa nostra. Quanto tempo abbiamo passato - e passiamo tutti i giorni - a rivendicare diritti inalienabili e aspettative improcrastinabili e torti subiti e promesse non mantenute? Tutto vero, certo. Ma i nostri doveri? Abbiamo chiesto a noi stessi, cosa che costa molta fatica, quello che chiediamo agli altri, che invece è operazione semplicissima? Abbiamo vigilato su di noi, sui nostri comportamenti, sul nostro essere professionisti, sulla nostra lealtà tanto quanto, e magari anche di più, di quando ci lamentiamo che è tutto uno schifo e che lo Stato "non fa niente per noi"?
Se c'è un faccendiere che spadroneggia in parlamento forse è perché lo abbiamo votato, se c'è un masaniello da due lire che detta i tempi all'opposizione forse è perché gli abbiamo detto "pensaci tu" e se ci siamo abituati a pensare che truffa, corruzione e falso in bilancio non siano poi così gravi perché, insomma, siamo tutti uomini di mondo, allora la responsabilità del degrado che ci circonda è anche roba nostra.
Se ci impegnassimo tutti, ognuno seguendo le proprie idee sacrosante, a trasformare il centrodestra in un'alleanza davvero liberale, moderata ed eticamente limpida e il centrosinistra in un'alternativa riformista, europea e non demagogica forse cambierebbe qualcosa. Perché non c'è qualcuno che inizia a farlo?
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