Così la Juve costruisce lo stadio, e la notizia viene utilizzata come modello da chi sponsorizza da tempo la privatizzazione degli impianti. Notare bene: c'è una legge in ballo, sulla quale non si arriva mai al dunque. La teoria è: lo stadio privato può salvare il calcio italiano, produce utili alle società e garantisce la sicurezza. Inoltre favorisce l'accesso delle famiglie, perché i nuovi stadi saranno "all'inglese", appunto, e dunque: tappeti rossi, bar ristoranti, steward a verificare che tu sia davvero al posto che ti assegna il biglietto, evviva evviva. Solo che poi, notizia di qualche tempo fa, la Juve decide di assegnare agli ultrà una curva del suo stadio, riunendo gli ultras delle due curve del Comunale. Così, tra gruppi diversi che non si possono vedere, nasce la rivalità per il controllo della curva, si accoltellano eccetera eccetera.
Ora: c'è qualcosa che non torna sul famoso "modello inglese". Perché se la partenza è questa, allora la sensazione è che nella gestione degli stadi in Italia potrà cambiare ben poco. Così come oggi il sistema della tessera del tifoso viene sbandierato come la panacea di tutti i mali, ma finisce per limitare e filtrare la stragrande maggioranza delle persone per bene (che allo stadio poi non ci vanno più); così, come i tornelli funzionano quando vogliono loro, e in qualche stadio ci passano a due persone alla volta (no, non solo Napoli come state pensando voi che leggete...), oppure addirittura non funzionano proprio, perché gli inservienti li sbloccano e si girano dall'altra parte; così, come le perquisizioni sono fatte sui bambini e tranquilli papà e non ai guerriglieri. Così come gli steward che dovrebbero essere intoccabili angeli custodi, e invece ogni tre per due ne finisce all'ospedale qualcuno con il naso rotto.
Morale: Non è con uno stadio costruito con il design più moderno e futuristico, che si risolve il problema della convivenza pacifica negli stadi. Non è strombazzando retorica e teoria che si fa un paese moderno e funzionale. E, soprattutto, civile.
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