Non è solo la guerra nella Lega, peraltro destinata a deflagrare con conseguenze ad oggi imprevedibili. E non è neppure il conflitto ormai palese tra una parte del Carroccio e il premier (anzi, paradossalmente la decisione di Montecitorio potrebbe anche contribuire a una tregua).
Quello che è successo ieri è qualcosa di più. Forse l'inizio di un film già visto circa un ventennio fa. Nei titoli di coda di quella pellicola c'era la Prima Repubblica. Tutti ricorderanno un paese in ginocchio per una stretta economica non dissimile (ahinoi) da quella attuale. Un governo debole ma costretto a prescrivere una cura da cavallo ai cittadini. E un parlamento che entrò nella storia con il poco onorevole titolo di "degli inquisiti" per gli avvisi di garanzia che si abbattevano ad orologeria sui suoi componenti.
L'apice di quella stagione politica si ebbe con i no a gran parte delle autorizzazioni a procedere contro quello che, a torto o a ragione, era diventato il simbolo della partitocrazia corrotta e distante dalla gente: Bettino Craxi, La reazione dei cittadini fu terribile. Manifestazioni in piazza, lanci di monetine contro l'esponente socialista. Una scossa giacobina che attraversò il paese e travolse gran parte del ceto politico.
Qualche superstite di quello tsunami sedeva ieri sui banchi di Montecitorio e non è difficile pensare che la memoria sia andata ai fatti di allora. Quanto ha pesato sull'esito? E la domanda delle cento pistole. Il fatto che il voto segreto sia stato chiesto da chi avrebbe avuto, in teoria, da rimetterci fa correre ancora di più l'interrogativo. E forse non è neppure causale che nell'altra votazione in Senato, sul destino del Pd Tedesco, sia arrivato un verdetto diverso. Perché nella Casta cane non mangia cane, salvo quando c'è di mezzo la sopravvivenza della specie.
Ha prevalso la "paura delle monetine" che aveva colto anche alcuni esponenti del Pdl, il partito di Papa. Tra quelli che c'erano venti anni fa, e ci sono ancora si contato i rappresentanti della forza politica più antica tra quelle presenti in Parlamento: la Lega Nord. Solo che stavolta stavano dall'altra parte, seduti sulla sponda di quella partitocrazia che l'altra volta contribuirono ad abbattere. Ecco perché, al di là delle fughe in avanti di Maroni e C, questa volta Bossi non ha potuto accontentare Berlusconi. Il suo elettorato non glielo avrebbe perdonato.
E' stato il voto della paura quello che ha mandato dietro le sbarre Papa. La paura di essere travolti come i partiti della Prima Repubblica. Il no all'arresto avrebbe fatto scattare nella gente le stesse reazioni di pancia che fornirono il combustibile ai magistrati di Mani Pulite. Perché chi riesce a rileggere la vicenda di Tangentopoli senza le fette di salame della faziosità sugli occhi, riconosce che si è trattato di un complotto "plutogiudaicomassongiudiziario". Ma non può negare che abbia viaggiato sulle ali di un consenso oceanico di un'opinione pubblica piegata da sacrifici imposti da una Casta sprecona, inetta, arricchita, screditata e disonesta.
Passata la nuttata le tangenti hanno continuato a girare tra i politici. Ma intanto l'opinione pubblica si era placata. Ora tutto sembra riandare ad allora. E non si sa come finirà. L'unica certezza è che a un Papa ne seguiranno altri.
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