La risposta è abbastanza semplice: la bocciatura rappresenta, in ogni caso il fallimento di un percorso educativo intrapreso, perché viene percepita come una punizione. Induce nel ragazzo il senso di inadeguatezza, se poi il tessuto sociale in cui i ragazzi sono inseriti è di quelli difficili, che non aiutano a crescere, la bocciatura anziché diminuire o aiutare a controllare le inquietudini di un'età difficile come l'adolescenza, fanno crescere ancora di più l'insicurezza, la voglia di ribellione, mettendo in crisi anche quel difficile percorso verso l'autostima che il ragazzo con fatica ha intrapreso. Quindi la bocciatura è sempre destabilizzante su un adolescente e bisognerebbe farne un uso "controllato" e necessario, ma questo sta ai docenti stabilirlo. Tre bocciature per tre anni consecutivi sembrano davvero troppe, perché l'idea che passa al ragazzo è quella di una impossibilità, nonostante gli sforzi, anche se minimi e difficoltosi, a terminare il corso di studi. La scuola diventa una strada senza uscita.
Proviamo a metterci nei panni di questi ragazzi: con che prospettive inizieranno il nuovo anno scolastico? Partono infatti già svantaggiati nei confronti dei loro compagni, in cui la differenza di età inizia a farsi sentire: tre anni di differenza nella formazione di un ragazzo contano e segnano radicalmente. Senza contare che i rapporti non si improvvisano da un giorno all'altro, ci vuole tempo, per conoscersi, per calibrare i caratteri, per far sì che non ci siano prevaricazioni. E' questo uno dei grossi problemi che una bocciatura comporta: il dover ridiscutere e riaffrontare i propri rapporti sociali, se poi questo viene richiesto al ragazzo per tre anni consecutivi, possiamo capire le difficoltà che intervengono e che sottraggono tempo ed energie all'apprendimento che è già faticoso.-
Va ripensata la scuola e soprattutto quella dell'obbligo, dove tra tagli e cambiamenti un po' si perde di vista l'obiettivo generale che è quello di educare i ragazzi e aiutarli a farli crescere. Non c'è apprendimento, se non in condizioni educative che lo consentono. E le condizioni educative prevedono che per ogni ragazzo si valutino capacità e limiti e si rispettino entrambi. Se c'è un limite che pregiudica l'apprendimento, che può essere di varia natura, di questo è necessario tenere conto anche nella valutazione del rendimento scolastico. Educare vuol dire chiedere ad ognuno ciò che può dare e creare le condizioni affinchè anche i piccoli progressi possano diventare qualità che piano piano rafforzano la propria autostima e in qualche modo riscattano dalle vite sfortunate che si vivono.
La scuola italiana di oggi ha scoperto l'eccellenza come prospettiva, però come persegue il massimo dei risultati, deve tener conto anche di chi a quel "massimo" non potrà mai arrivare e quindi deve rispettare il minimo, in un'ottica che non è solo quella dei "numeri", dei voti in pagella. I ragazzi non sono numeri su cui fare solo la media aritmetica.
Siamo infatti arrivati a questo messaggio: tu vali il numero esatto, compresi i decimali, delle media che hai raggiunto durante le prove. I ragazzi sono persone e va loro dato un altro messaggio: a scuola mi devo impegnare, per quello che posso dare, per conoscere, per imparare, per crescere. Questi ragazzi, a suon di bocciatura, saranno destinati a rimanere nella scuola dell'obbligo a vita? Possibile che la scuola non riesca a dare a loro un incentivo, una speranza, la promozione come lasciapassare per la vita?
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