Nei primi sei mesi del 2011, rispetto allo stesso periodo del 2010, le presenze turistiche sono in aumento: +4,6%, per la precisione. Merito, diciamolo subito, degli stranieri (+8,1%), perché gli italiani (-2,37%), forse suggestionati dalla presenza di un muro davanti al lago, hanno preferito, tradizionalisti come sono, recarsi in vacanza laddove passeggiando sulla sponda di un corpo d'acqua lo sguardo si perde all'orizzonte invece di schiantarsi contro una barriera di cemento. Scendendo nel dettaglio, scopriamo che a essere particolarmente sensibili al fascino del Lario sono i cinesi (+37,2%) e soprattutto i russi (+54,7%): un dato che non stupirà chiunque abbia recentemente fatto due passi in centro senza poter evitare di udire a ogni cantone la parlata di Putin.
Como e il suo lago, insomma, piacciono. Sono graditi al pubblico turistico emergente e anche a quello tradizionale: a fronte di un calo di visitatori olandesi e, per forza di cose, giapponesi, tengono ancora molto bene, e anzi aumentano, gli ospiti inglesi, americani e francesi.
E qui si torna al dilemma di cui sopra: le magagne segnalate più volte da questo giornale sono davvero trascurabili al punto da venir dismesse con sufficienza dal turismo internazionale, oppure è la solida reputazione del Lario, il suo eterno profilo romantico a sopperire a mancanze altrimenti fatali? Siamo convinti che la risposta esatta sia la seconda perché, come denunciato anche in questi giorni a proposito della giungla aggrovigliatasi in Ticosa, o del vergognoso stato in cui versa la diga foranea, senza contare la devastazione del lungolago e la povera manutenzione del centro storico, gli attentati alla bellezza di Como sono troppo evidenti per poter essere ignorati. Ma se così è, non resta che una stupefatta constatazione: l'attrattiva turistica di Como e del lago è proprio gran cosa se resiste a tanto scempio. È dunque in questa direzione che dovrebbero muoversi gli sforzi della città e della provincia: sfruttare finalmente una potenzialità nella quale tutti noi, pur riconoscendola a parole e, non di rado, a slogan, mai abbiamo avuto il coraggio di puntare fino in fondo.
Questo significa trasferire nello specifico settore investimenti, idee, programmazione e, sforzo non di poco conto, prodursi in una storica mutazione culturale, porsi in un rinnovato atteggiamento rispetto a un'attività che non a caso e con eco quasi mistico si suole definire "vocazione". Il primo passo, naturalmente, è sbarazzarsi di Ticose, lungolaghi murati, fatiscenze mortificanti e schifezze varie. Il secondo quello di affrontare con piglio manageriale, con programmata ambizione e con solidale impegno la scommessa del turismo. Che, come tutte le occasioni da sfruttare, si concederà più volentieri in presenza di sincero e costante entusiasmo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA