Forse non tutti ieri mattina, tra il popolo delle casalinghe e degli anziani che attorno alle 8 seguono le trasmissioni-brioche, si sono resi conto del peso e della gravità di quanto il ministro è andato affermando per difendere la sua scelta di abitare nella casa del suo ex consigliere politico finito al centro di una complessa indagine su affari e scambi politici. Ieri Tremonti è andato in tv - secondo un andazzo da furbastri che consente di raccontare tutto quanto si vuole senza contraddittorio e rivolgendosi sovente a orecchie politicamente "indifese" -, ha scritto e parlato con un paio di giornali e ha spiegato che, pur avendo sbagliato, lo ha fatto per il troppo lavoro (a favore del paese), che non ha preso soldi a nessuno, che conduce uno stile di vita quasi monacale e che comunque non è un reato pagare un affitto con soldi in contanti.
A parte l'opinabilità dei quattromila euro al mese, cash e senza ricevuta - un comportamento vietato a un contribuente normale e dire che proprio il ministro ha promosso norme per far emergere il "nero" degli affitti! -, sono anche altri i fattori che dovrebbero mettere in allarme. Ad esempio che il ministro dica tutto questo a una trasmissione del mattino e a un paio di giornali, senza sentire il bisogno di andare davanti al parlamento, sede naturale per dare un giudizio a comportamenti del genere, dove spiegare, ammettere e dove - eventualmente - scusarsi.
Ma dovrebbe preoccupare che un ministro dell'Economia, uomo determinante in questa drammatica fase della crisi mondiale, sia stato così "leggero" nei suoi comportamenti, nello scegliersi e continuare a frequentare un uomo coinvolto in un'inchiesta devastante, che un uomo come Tremonti possa commettere una «stupidata» del genere e poi cercare di assolversi in tutta fretta.
La circostanza più preoccupante è però un'altra: il ministro, quel ministro di cui si diceva sopra, confessa di essersi sentito «spiato» e addirittura dentro una caserma. Cosa sta accadendo in Italia se siamo a questo punto? Nei mesi scorsi Tremonti sarebbe andato a spiegare a un giudice che dentro la Finanza vi erano cordate per salire ai massimi livelli e che la presidenza del Consiglio in queste manovra poteva avere un ruolo. Se tutto questo fosse vero, c'è da chiedersi se anche le istituzioni non siano sull'orlo di un baratro come nel '92 o addirittura peggio.
La risposta ancora non c'è, si possono solo elencare questi fatti gravissimi e ammessi da un ministro cruciale. Un ministro, e questo non è sfuggito ai più attenti, che ieri in tv o sui giornali è apparso solo, drammaticamente solo. Forse isolato. Non è andato a parlare alle Camere perché probabilmente non avrebbe trovato l'appoggio necessario, i controlli occulti che ha denunciato forse lo stanno stringendo all'angolo approfittando dei suoi errori.
Ciò non toglie che, bravo o meno, soprattutto ora un ministro dell'Economia non può essere lasciato in questa situazione. Se non altro perché se gli italiani possono perdonarlo, di certo non lo faranno i mercati.
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