Dall'altra parte, in mille agenzie di brooker sparsi tra Est e Ovest si ascolta. Cosa farà l'operatore singolo che guarda il premier italiano, stretto tra un terreo Tremonti e un Frattini un po' sognante eispirato da chissà che cosa, consiglierà ai propri clienti di vendere o acquistare, di coltivare la fiducia nel Bel Paese oppure no? Schiaccerà il bottone del sell o quello del buy?
Mentre leggerete queste righe, le prime risposte saranno già negli indici di borsa e nel l'andamento del fantomatico spread fra Btp e Bund tedeschi a dare la prima risposta. Ma se bisogna essere sinceri, quello di ieri è apparso, ancora una volta, un Silvio Berlusconi giunto al traguardo anzitempo. Tutti i commentatori a a acldo non hanno potuto nascondere che le parole di Berlusconi sono state quasi le fotocopie di quanto va dicendo da tre anni.
La correzione più forte è arrivata quasi alla fine quando ha detto “nessuno nega la crisi”, contraddicendo tonnellate di dichiarazioni. Ma oltre non è andato, se non per dire che la crisi non è italiana ma globale. Il guaio è che nei pasticci però oggi si trova di più il nostro Paese e siamo noi, o piuttosto il governo, a dare risposte e assicurazioni concrete per fermare l'ondata della speculazione. Su questo versante Berlusconi ha “toppato”: ha elencato, come al solito i dati di solidità delle famiglie, delle banche, del sistema immobiliare, di quello finanziario. Ma è come avesse parlato per lunghi minuti allo specchio. Solo qualche spunto di novità in qua e in là: la riforma dello statuto dei lavoratori, una vaga possibilità di accelerare gli interventi per azzerare il fabbisogno finanziario nell'ultima parte dell'anno, la riorganizzazione delle province, qualche intervento – già noto – sui costi della politica e un sottile accenno all'eventualità di fondere o addirittura cedere enti o società statali.
Il brooker che oggi deve decidere e consigliare se vendere o acquistare, e lo deve fare secondo i parametri internazionali, c'è da pensare che al di là dei pochi spunti appena accennati, non abbia trovato nel discorso di Berlusconi forti e reali elementi di svolta. Ciò che serviva era ben altro che non un qualche generico e molto forzato nella voce e nella testa del premier, appello all'opposizione a dare una mano per spirito patriottico: avrebbe potuto, ad esempio, annunciare un programma di liberalizzazioni da far impallidire le “lenzuolate” di Bersani, annunciare tempi e modi delle vendite di società statali facendo nomi e cognomi, dire che le province saranno abolite anche nel quadro della riforma federalista, anche qui dando una scadenziario preciso, dettagliare una proposta di riforma fiscale che parta dal recupero assoluto e certo della maxi evasione fiscale italiana che dia respiro alle famiglie e alle imprese, calendarizzare nel giro di qualche mese i tagli alla politica che non sia la mera riduzione delle auto blu e piuttosto preveda la caduta, secca e immediata di privilegi e vitalizi e pazienza se in questo caso si devono toccare diritti acquisiti: si mettono in discussione quelli dei poveri cittadini e non i loro rappresentanti non non dovrebbero dare il buon esempio immediato? Questo per partire, pochi segnali e ben precisi, il resto può essere ancora più doloroso e invasivo fino ad arrivare, se dovesse servire, a una patrimoniale di scopo. Quale scopo? Salvare l'Italia, è semplice e nessuno potrebbe dire di no per abbassare drasticamente il debito.
Berlusconi invece ha tradotto la preoccupazione dei cittadini con quella personale, per le sue aziende quotate in Borsa e ha lasciato solo briciole all'opposizione che, forse con eccessiva rigidità, in questo momento vuole il “suo passo indietro” per farne uno avanti. Ha diluito la crisi il più possibile per non ammettere alcun errore, ha invocato i sostegni internazionali pelosi e interessati contrabbandandoli come giudizi positivi sulla sua azione di governo. E ha dimenticato molto: ad esempio, per restare ai segnali da lanciare, che il leader del partito suo maggiore alleato, Bossi, non era lì, al suo fianco e sui banchi leghisti c'era qualche assenza di troppo e sospetta vista l'importanza della seduta. Ha dimenticato che il suo ministro del Tesoro è ben di più che un'”anatra zoppa”, ha scordato la sua debolezza intrinseca di oggi. Ma il brooker che stamattina dovrà premere un bottone o l'altro, ha la memoria lunga. Purtroppo per noi.
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