Facciamo ordine. Domenico Pellegrino, in un anno, è passato da vittima di un complotto a indagato. Il dipendente Davide Scarano da arruffapopoli a calunniato. E l'uomo che lo ha interrogato e inguaiato, da accusatore si è reincarnato in accusato. Sotto il cielo della Ca' d'Industria i riflettori della procura hanno cambiato luce al punto che, in appena un anno, tutte le certezze sono state stravolte. Esattamente 371 giorni fa Davide Scarano era un viso sconosciuto ai più. Poi, il 3 agosto 2010, fa per la prima volta ingresso in procura. Al sesto piano del palazzo di giustizia il dipendente della casa di riposo viene sottoposto a un fuoco di fila di domande dal brigadiere della guardia di finanza Michele Miccoli. Mentre l'inchiesta sull'esternalizzazione del servizio mensa se ne sta serenamente acciambellata dentro un armadio della procura, quella testimonianza è il classico primo tassello di un domino dall'esito imprevedibile. Quel giorno, rivisto con il senno del giorno dopo (pardon: dell'anno dopo), non è tanto l'inizio dei guai di Scarano, ma di quelli dei suoi accusatori.
Nello scrivere delle vicissitudini della casa di riposo comasca oggi, si ha davvero l'impressione di raccontare tutta un'altra storia. Anche perché se la magistratura, la scorsa estate, è arrivata addirittura a ipotizzare l'esistenza di un complotto contro i vertici della Ca' d'Industria, oggi mette sotto accusa nientemeno che (scusate il gioco di parole) il vertice di quei vertici, ovvero il presidente Domenico Pellegrino. E altri tre consiglieri del cda, anche loro un tempo vittime di complotto, rischiano ora pure un processo per calunnia. La verità è che la situazione è quanto mai fluida.
Anche perché se da un lato la procura ha appena depositato la richiesta di giudizio immediato per gli accusatori di Scarano, dall'altro il giudice delle indagini preliminari non si è ancora espresso sulla richiesta di rinvio a giudizio per istigazione a delinquere e diffamazione a carico dello stesso Scarano. E se da un lato nell'elenco degli indagati per i quali la procura ha esercitato l'azione penale compare pure il nome del brigadiere del primo verbale, dall'altro lo stesso finanziere risulta parte lesa, assieme al pubblico ministero Daniela Meliota, nel procedimento avviato dalla loro denuncia - sempre per diffamazione - a carico del solito Scarano.
È passato un anno, sembra un'eternità. Ma ciò che stupisce è che in una vicenda che ruota attorno a una casa di riposo gestita da una fondazione controllata dagli enti pubblici, i cui vertici (di nomina politica) hanno affidato senza gara pubblica un appalto milionario che ha causato un'emorragia di denaro, il nome più speso in un anno di cronache e inchieste sia stato quello dello sconosciuto - non ce ne voglia - Davide Scarano. Aspettiamo l'anno che verrà. Forse racconteremo un'altra storia.
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