E forse gli uomini del centrodestra non hanno tutti i torti. Il governo Berlusconi non è commissariato per un semplice motivo: è in carica, ha ancora la maggioranza fedele, ma chi si muove indipendentemente e a prescindere da quanto si pensa e si sceglie fra la Sardegna e Gemonio. Con buona pace del Cavaliere e del Senatur.
I mercati, lo si è visto anche ieri, non si preoccupano neppure di Obama e della Bce. Ma anche quest'ultima opera per conto proprio - che è la caratteristica principale a tutela della sua indipendenza -, salvo trovare una concordanza singolare nei tempi e nei modi non con Roma, ma con Berlino e Parigi.
Ciò che ha fatto più male, anche se dal governo e dalla tv il particolare è stato messo in secondo-terzo piano, è il comunicato congiunto della Merkel e di Sarkozy e le parole usate: serve - hanno scritto - «un'attuazione rapida e completa delle misure annunciate». Pochi termini, secchi, finora riservati solo alla Grecia insolvente. Con tanti saluti alla famosa amicizia fra leader internazionali, stima reciproca e via dicendo.
E una profonda ferita deve aver inferto, fra giovedì e venerdì, anche la lettera firmata da Jean Claude Trichet e dall'italiano Mario Draghi e recapitata a Palazzo Chigi fra giovedì e venerdì, nella quale l'Eurotower indica la via da seguire per avere in cambio l'aiuto della Bce: liberalizzazioni subito, tante e profonde, privatizzazioni con vendite veloci di società pubbliche e locali, profonde riforme del mercato del lavoro (il che vuol dire intervenire con estrema flessibilità sui contratti, sui licenziamenti, su produttività, su giovani e precari).
È un commissariamento questo? È la vendetta di Draghi i cui suggerimenti e ricette non sono mai state ascoltate? C'è alla viste un «podestà straniero», come ha evocato Mario Monti, attirandosi gli strali del centrodestra?
No, niente di tutto questo e neppure dietro l'angolo ci sarebbe alcun uomo forte, sia esso un Draghi o lo stesso Monti. Almeno oggi. Più semplicemente il governo c'è e quanto detto dal duo Merkel-Sarkozy o da Trichet-Draghi non sono agende, ma solo quanto Berlusconi, Tremonti e i loro sanno da tempo e che da tempo - da molti anni, almeno dal 2001 - avrebbero dovuto fare. Scelte rimandate, occultate, ancora oggi non dettagliate, ma che adesso dovranno essere tradotte in realtà.
Eccola qui la prova che il «podestà forestiero» non c'è (ancora?). Infatti il blocco delle pensioni d'anzianità, l'allungamento dell'età pensionabile delle donne, la revisione del calcolo sempre per l'uscita dal lavoro, i tagli ad assistenza e detrazioni, l'aumento dell'Iva, i tagli ampi e possibili, le eventuali vendite del patrimonio statale e le aziende pubbliche, le liberalizzazioni e privatizzazioni (sono i provvedimenti più probabili allo studio insieme ad altri ancora coperti) sono misure che non toccherà alla Merkel annunciare. Sarà Berlusconi a doverci mettere la faccia. Del resto, è lui a Palazzo Chigi. Non un commissario.
A meno che, neppure il Cavaliere riesca a convincere la sua maggioraza - soprattutto la Lega - che non ci sono molte alternative a misure drastiche e impopolari. In quel caso arriverà sì il «podestà». Ma sarà molto italiano.
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