Già, anche il Cavaliere morde. Il leader che aveva fatto della riduzione dell'iniquo carico fiscale la ragione sociale della sua politica passa dal mitico tormentone «meno tasse per Totti» all'«anche i ricchi piangano», slogan coniato da Rifondazione comunista quando stava al governo con il Professore e che contribuì non poco ad affossarlo. Berlusconi che aumenta le tasse è come Togliatti che abiura il marxismo o Mastella che prende le distanze dal trasformismo. Una svolta epocale, pur se figlia proprio dell'epoca di vacche non magre ma ormai scheletriche che stiamo vivendo.
Berlusconi chiuse la campagna elettorale nel 2008 con il famoso annuncio in diretta al termine del faccia a faccia con Veltroni: «Abolirò il bollo auto». La tassa automobilistica è ancora lì e le altre pure, più care.
Perché durante i governi presieduti dal Cavaliere, in particolare quest'ultimo, la pressione fiscale è stata ben lungi dal calare. Anzi, come dimostrano tutti gli studi sull'argomento, è aumentata.
Era difficile fare altrimenti, anche perché è l'Europa a dettare le regole per l'economia degli Stati. Specie quelli malaticci come il nostro che soffre di un morbo quasi incurabile, provocato da un mostruoso debito pubblico. Commissariati, alla fine, di fatto, lo eravamo anche prima che partisse la corrispondenza della Bce per il nostro governo.
La riduzione delle tasse, alla fine, è sempre stata un fenomeno virtuale e mediatico. Una maledizione per i governi di centrosinistra, divisi e maldestri come Gatto Silvestro nel comunicare. Tant'è che il luogo comune recitava Prodi, Padoa Schioppa e Visco come sanguisuga aggrappati ai lavoratori italiani. Molti, alla fine, guardavano al Cavaliere come una speranza. E lui non ha mai mancato di alimentare le illusioni. Qualcuno ricorda il famoso contratto con gli italiani firmato davanti a un Bruno Vespa a cui si illuminavano anche i neì per la gioia? Anche lì c'era la promessa per una riduzione delle tasse.
Illusione. Il Cavaliere liberista che voleva rovesciare lo Stato come il calzino fa la fine dell'omino di burro di Pinocchio: ti illude di trasportarti nel paese dei balocchi ma poi ti presenta un conto salatissimo.
Il fatto che sia Tremonti a mostrare i canini e che il premier mandi giù obtorto collo la medicina amara somministrata agli abbienti veri o presunti cambia poco. Siamo all'epilogo di un percorso che avrebbe potuto essere diverso se solo il Cavaliere avesse voluto mettere in atto qualcuno dei suoi propositi e attuato le riforme rimaste chimere. Ecco perché sarebbe stato dignitoso che, dopo il consiglio dei ministri di ieri che ha varato le ennesime misure draconiane, Berlusconi, fosse salito al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Ma in Italia, paese che nessuno riesce a cambiare, le dimissioni non si danno mai perché, come diceva Montanelli, c'è sempre il rischio che siano accettate.
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