Un “one man show” cui dovremo assistere dalle prossime elezioni in molti centri minori della Penisola dove, secondo “cuor di coccodrillo” Berlusconi, i soli sindaci saranno chiamati ad amministrare i resti di comunità a volte assai antiche e fiere. Così Cazzago, che ha dato i natali a Giancarlo Giorgetti, uno degli uomini più potenti della Lega finanziatrice del kolossal cinematografico su Alberto da Giussano e il Barbarossa, apoteosi dei comuni lombardi vittoriosi a Legnano, sparirà dalle carte geografiche accorpandosi forse al vicino Galliate Lombardo, che già presenta sfumature diverse di dialetto, essendo soltanto “vistalago”. L'Italia degli ottomila comuni, coriacei come mini stati, attaccati a tradizioni spesso infinitesimali ma difese con l'elmetto, si prepara a globalizzare la salama da sugo e i pizzoccheri, la corsa degli asini e il Palio di Siena, la cui provincia (destinata peraltro a scomparire) custodisce il comune più parcellizzato d'Italia, visto che lì la competizione incomincia addirittura dalle contrade. L'italiano, già “sindaco” della propria famiglia e spesso di quella del vicino di casa, vive l'appartenenza geografica come una crociata, perché proprio nella parte centro settentrionale del nostro Paese fiorì nel Medioevo il concetto di comune come strumento di liberazione dalle imposizioni feudali e dall'autorità imperiale.
Così fa ancor più specie pensare che due lombardi come Berlusconi e Tremonti (che con un atto di autolesionismo sentimentale ha cassato la propria provincia d'origine, Sondrio) si siano accaniti contro un'istituzione che proprio al Nord ebbe la più forte volontà di rivalsa, con i trenta comuni della Lega Lombarda coalizzati contro Federico I di Hohenstaufen.
Oggi invece la dissennata politica economica nazionale, continuamente bacchettata e messa in riga dalla Banca centrale europea, costringerà molti cittadini a rinunciare a uno degli ultimi, atavici, divertimenti, quello di parlar male del proprio vicino di municipio, stupirlo con leggendarie arborellate e sagre del fungo, fuochi artificiali degni di Piedigrotta, passeggiate a lago che sembrano uscite dal pantografo di Le Corbusier.
Così, se a Roma si pigia un bottone, “muore il mandarino” a Morterone, Menarola, Cassano Valcuvia, Azzio, Brienno o Lasnigo, tanto per citare qualche comunello sparuto di Lombardia, in cui sindaco e assessori, come in un racconto di Andrea Vitali, chiudevano la bottega e si sedevano “in consiglio” davanti a polenta e “legurott” per inventarne una nuova da giocare al nemico limitrofo. La morte istituzionale dei comuni porta con sé un pezzo dell'Italia migliore, pepponiana e doncamillesca, guelfa e ghibellina, terrona e polentona, ma vivace e arguta nel suo campanilismo a volte ingenuo a volte costruttivo, comunque unico e pittoresco. E magari nei cartelli stradali - come accadde durante il fascismo, altro governo accentratore - comparirà, accanto al nome del principale comune, la dicitura “ed Uniti”, che nell'Italia ancora rurale e incolta di quei tempi fu triste suggerimento per il nome di qualche povero emigrante.
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