E sia per voi, che ci comprate nelle località di montagna e di mare dove arriva il giornale, sia per noi, rimasti a casa a mangiare riso freddo e costine, il desiderio è comune: staccare la spina. Avere un giorno, almeno un giorno, di calma, serenità, quiete.
Quest'anno ci si è messa pure la "manovra" a spezzare le reni all'estate. A tavola, nei bar, tra gli amici e in famiglia non si parla d'altro: i tagli, le tasse e l'autunno che ci aspetta, lacrime e sangue (come se invece, negli anni recenti, fosse stato tutto champagne e fiori). Ci spiace perciò, in questa festività di tregua sacrosanta, tirare un'altra vanga sui denti, trattando non già delle molte ricchezze e bellezze che Como possiede o delle eccezionali qualità dei propri abitanti, bensì di una spina nel fianco sulla quale sorvoleremmo volentieri, se non fosse appunto che rode, fa male.
Una spina che a tutti fa male. Ed è questa: la città che vorrebbe essere turistica e che invece chiude per ferie.
La settimana che ci siamo lasciati alle spalle non scherzava, ma quella che ci attende è peggiore. Pochi negozi aperti, molti ristoranti e bar chiusi e oggi zero spettacoli, concerti, attrazioni.
Lo abbiamo scritto ieri, lo ripetiamo oggi. Gli altri centri si contendono cantanti o s'inventano manifestazioni, mentre qui ci si adagia. Oggi come ieri, c'è il vuoto (per amor di carità non vogliamo neppure conteggiare la pur lodevole prestazione canora del duo "Momenti magici", che si esibisce per far danzare i pensionati protagonisti dell'Estate Insieme e che non a caso sono sotto la tutela non già dell'assessorato al turismo, bensì dei servizi sociali).
Non solo Como non combina niente, ma di questo niente si compiace. «Cosa dobbiamo fare? Sono tutti via» è la risposta in automatico, di chiunque potrebbe proporre qualcosa e invece non alza un dito, dorme. Pure l'assessore Gaddi, uno dei pochi sensibili alla questione (non fosse altro perché è un politico di razza e sa capovolgere il piatto in tavola, passando lesto dal torto alla ragione) non va più in là delle braccia allargate, appuntandosi al petto la medaglia di aver fatto qualcosa, per la precisione aver tenuti aperti i musei. Come dire: un cucchiaino di sciroppo per chi soffoca di bronchite.
Poco. Troppo poco. E anche la storia che non c'è in giro nessuno, è - se non una bugia - certo una conseguenza dell'offerta rasoterra che non invita a venire o restare in città, ma semmai a fuggire. È un cane che si morde la coda: la gente non viene perché non c'è nulla e se non c'è nulla la gente non viene.
Proviamo a invertire la tendenza, facciamo insieme uno sforzo e programmiamo qualcosa di magico, di stuzzicante. La questione sta tutta qui. Per essere propositivi, moderni, al passo con i tempi - sostituendo un'economia basata sui quadri di stampa e telai con bed & breakfast ed alberghi - non possiamo essere a immagine e somiglianza di quei bar degli anni Sessanta e Settanta, dove il gelato lo trovavi soltanto da giugno a settembre. Ora il gelato c'è sempre e sempre viene comprato, pur se in quantità diverse, a seconda della stagione. È così che s'interrompe il cerchio: ricordandosi che il cane che si morde la coda alla fine muore di fame. Diamogli una costina, magari una di quelle avanzate oggi, e vedrete che il cane si ripiglia. Con le città turistiche è uguale.
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