Se a quest'ultima parola volete sostituire «amministrazione» fate voi. Perché non c'è neppure il bisogno, ammesso che esista la volontà, di infierire. Il disastro, questa volta, si commenta da solo. Ed è una botta terribile per la città, per i suoi abitanti, per i turisti, per gli operatori commerciali, per l'intera economia. Per far finire la festa a Como non serve neppure aspettare che entri in vigore la manovra taglia ponti del governo. I ponti tra Como e il suo lago sono già stati tagliati. E chissà tra quanto potranno essere ricostruiti.
La situazione in cui si trova la Sacaim, l'azienda che sta operando a intermittenza sul lungolago, fa venire i brividi alla schiena.
Le difficoltà finanziare emerse a carico dell'impresa veneziana lasciano aperte tutte le ipotesi: anche quella del fallimento. In ogni caso ad oggi non si può dire se il cantiere sul lungolago, fermo da gennaio scorso, potrà ripartire (se ripartirà) in tempi brevi. Il commissario straordinario ha infatti due anni di tempo per decidere se la Sacaim potrà essere salvata oppure no. Nel frattempo dovrà far passare tutte le pratiche riguardanti i lavori (tra cui anche il lungolago). Se si pensa che la ditta ha 150 cantieri aperti si capisce che non sarà una cosa breve. Como perciò rischia di rimanere separata dal suo lago, inchiodata sul bagnasciuga, per altri due anni. E poi magari di dover ricominciare da capo, con un'altra impresa e un altro progetto, l'intervento per la sistemazione del lungolago.
Un disastro che incombe al culmine di una serie di inconvenienti di non poco conto: dal muro, alle variante progettuali, ai costi lievitati e agli stop and go dei lavori. Un mix già in grado di dilatare i tempi che ora rischiano di sconfinare nel terreno biblico.
Di fronte a questo scenario non si può fare a meno di sottolineare come il sindaco Bruni e una parte della sua maggioranza siano andati avanti a testa bassa su un'opera che, al di là del caso del muro, quello più eclatante, i comaschi non hanno mai mostrato di apprezzare. A questo si può aggiungere che le voci sulla situazione non rosea di Sacaim stavano girando in città già da qualche tempo. Possibile che a nessuno sia venuto in mente di verificarle e cercare, ammesso che sia possibile, di prevenire il disastroso epilogo? Una domanda a cui sarebbe doveroso rispondere.
Perché la responsabilità di privare Como del suo patrimonio più importante, il lago, su qualcuno dovrà pur ricadere. Questo disastro sarà l'eredità più pesante che l'amministrazione uscente lascerà a chi arriverà al suo posto, ma purtroppo anche a tutti i cittadini comaschi. In questi ultimi mesi di mandato, almeno ci si attivi in qualche modo per tentare di tamponare la situazione. Dovrà agire palazzo Cernezzi, ma anche la Regione. Per Roberto Formigoni c'è l'occasione per dimostrare che l'impegno a essere l'assessore di Como non è solo uno slogan. Perché un'altra Ticosa, per giunta in riva al lago, sarebbe una tragedia per il futuro di questa città.
Francesco Angelini
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