Meglio allora sarebbe trovare il coraggio di mettere le mani nel letame. Certo, ci vorrebbe un ceto politico coraggioso, disinteressato e adeguato alla sfida. Come dite? Meglio finirla qui e voltare pagina. Oppure che avevate chiesto all'edicolante «La Provincia» e invece vi hanno rifilato «Le cronache di Narnia». Vero, per carità. Però, quando c'è di mezzo lago cantato dal Manzoni (anche se il ramo è quello sbagliato), si può sempre sperare nella Provvidenza. E nel ravvedimento. Qualcosa forse si potrebbe fare, trovando la voglia e la forza di mettere le mani nel letame. Per esempio cercare il lato buono della nefasta. La ditta che ha l'appalto del progetto non dà più le stesse garanzie di prima. Questo è un dato di fatto. Ci sono forti problemi di liquidità, lo dimostrano anche le preoccupazioni delle aziende comasche creditrici della Sacaim.
L'impresa veneziana ha diffidato il Comune dal fare marcia indietro sull'appalto. Significa che è un'eventualità possibile. Ma a questo punto come può palazzo Cernezzi sentirsi al sicuro sulla prosecuzione e soprattutto sull'ultimazione delle opere previste? Ecco, un ceto politico avveduto e coraggioso cercherebbe di rispondere a questa domanda. Poi comincerebbe comunque a valutare tutte le vie di fuga. Compresa quella di rivedere in maniera radicale il progetto e gli obiettivi.
Perché questo è davvero il momento, ammesso che non sia troppo tardi, di far prevalere l'interesse dalla città. Una città che ha più volte manifestato a gran voce e con varie voci la sua contrarietà alle paratie, considerate troppo ingombranti rispetto alla reale utilità. Si sa che per regolare il livello delle acque a volta la politica può essere più efficace della palancola. Ma deve essere solida e impermeabile non meno di quest'ultima.
La difficile situazione in cui si trova la Sacaim, sommata a tutte le peripezie pregresse del cantiere e alle voci di protesta della città, potrebbe davvero far nascere un bel fiore dal letame. Un fior di lungolago con la passeggiata allargata, rimessa e nuovo e anche alzata un po' per fronteggiare le piccole esondazioni. A Como basterebbe e avanzerebbe questo. Ai cittadini come ai turisti che si accalcano sul meritorio piccolo paradiso artificiale donato da Zambrotta. L'unico punto in cui è ancora possibile vedere il lago nel tratto da piazza Cavour ai giardini.
Anche i diamanti sono belli a vedersi, persino quelli fasulli brillano. Ma da loro non nasce niente. Anzi, a Como si rischia la morte di quello che è era e potrebbe essere ancora un gioiello - autentico - di città.
Francesco Angelini
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