Dice sempre quello che in fondo di andare con gli svizzeri e compagnia non ha poi tutta questa bramosia: non è che voi de «La Provincia» vedete sempre il bicchiere neppure mezzo, ma tutto vuoto? No. Innanzitutto a questo giornale basterebbe tornare a rivedere il lago per metter su un bel sorrisone. Perché oltretutto, una volta che il cantiere, in un modo o nell'altro dovesse levare le tende, il lago rischiamo di non trovarlo più visto che si sta riducendo come un ghiacciaio messo sotto scacco dall'effetto serra. Basterebbe questo per chiudere la bocca una volta per tutte ai pasdaran delle paratie. Il livello del lago si potrebbe regolare con la politica senza stare a scomodare muri, barriere e palancole. Ma è proprio quella che manca da queste parti. La politica buona che guarda all'interesse collettivo sembra essere emigrata da tempo. Allora tanto vale buttarsi nelle braccia aperte degli svizzeri. Chissà che lì le cose vadano meglio. L'alternativa è pagare un prezzo sempre crescente.
Tanto per restare nell'ambito del cantiere del lungolago, si rischia di pagare ancora. Abbiamo già dato in termini di vivibilità, turismo e risorse pubbliche (cioè nostre). Adesso con le convergenze parallele del caos cantiere e dell'azienda appaltatrice in cattive acque, si rischia di pagare ancora. E salato. Il fermo dei lavori, infatti, ha già superato il limite contrattuale. Adesso le palizzate abbandonate sul lungolago potrebbero costare alla collettività 8 mila euro al giorno.
Questo prevede il contratto. E la Sacaim che ha bisogno di ossigeno come un campione di apnea in risalita, potrebbe decidere di attaccarsi alla bombola comasca. Il problema però, visto che da questi parti non ci facciamo mai mancare i guai, è che la bombola è quasi vuota. Nelle casse di palazzo Cernezzi non sono rimasti neppure i quattrini per chiudere le buche delle strade. Figurati, per dirla nello slang della Sacaim che è veneziana, se ci sono per il "tacon" del fermo cantiere.
Allora meglio mettere subito le mani avanti. Il Comune non pensi di rivalersi sui cittadini nella sciagurata ipotesi per cui sia costretto a onorare la penale. Oltre al danno sarebbe una beffa se si pensa a quanto è già costato il disastro del lungolago, premi ai dirigenti artefici del capolavoro inclusi. I comaschi non possono accettare di pagare ancora per gli errori altrui. Si faccia una class action, si ricorra alla Corte dei Conti, si metta in atto uno sciopero fiscale.
Ma palazzo Cernezzi non pensi di mettere le mani in tasca ai cittadini. Caso mai, se qualcuno vuole chiudere un'amministrazione sciagurata con un colpo d'ala, cominci a ipotizzare una qualche soluzione. Altrimenti sarà davvero il caso di bussare alla frontiera di Ponte Chiasso.
Francesco Angelini
© RIPRODUZIONE RISERVATA