Di fronte a queste situazioni, il rischio è che si finisca per chiedere - alle solite - una più decisa lotta all'evasione fiscale, per non tosare sempre i soliti noti (come succederà con il cosiddetto "contributo di solidarietà") e per allargare la base imponibile. Fermarsi a questa osservazione, però, porterebbe fuori strada.
Sul piano meramente economico va rilevato infatti come già ora la quota di ricchezza che lo Stato sottrae all'economia nel suo insieme sia davvero stratosferica. Nella classifica realizzata dalla PriceWaterhouseCoopers ed elaborata dalla Banca Mondiale ("Paying Taxes 2011"), l'Italia si è piazzata al primo posto assoluto nella classifica del prelievo sulle aziende. Se in Italia si evade più altrove, allora, questo dipende in larga misura dal fatto che da noi, a giudizio di molti, risulta maggiormente razionale correre i rischi connessi all'illegalità piuttosto che dare allo Stato tutto quanto esso pretende: tra Ires, Irap, costi Inps e Inail.
Premere sull'acceleratore della lotta all'evasione, per giunta, significa aumentare la quota di ricchezza incamerata dallo Stato e restringere ulteriormente l'area del settore privato. E se l'economia produttiva fatica già adesso, un altro incremento della tassazione sarebbe letale.
Al di là dei casi limite, bisogna allora leggere l'alta evasione fiscale italiana come la conseguenza di una sottrazione aberrante di risorse. E se le cose stanno così, il miglior modo per reagire consiste nell'abbassare con decisione le aliquote e nell'eliminare una gran parte dei tributi.
Una simile proposta può sembrare fuori luogo dinanzi a un Paese con un debito pari al 120% del Pil e che sta cercando di mettere in ordine i conti, ma non lo è. C'è infatti la necessità di abbattere al tempo stesso il debito e la pressione fiscale, perché il salvataggio del bilancio statale deve essere accompagnato da quel rifiorire della vita economica che si avrà solo quando le tasse saranno più contenute. Ma per ridurre contemporaneamente il debito e le imposte è indispensabile che il Governo abbia un disegno strategico complessivo che includa la vendita delle aziende e degli immobili di Stato (per comprimere lo stock dei titoli pubblici e gli interessi da pagare) e un serio piano di tagli alle uscite: abolendo tutto quanto si può abolire, dalle Province al Cnel, e comprimendo il numero degli organici pubblici.
Una notizia come quella che viene dal Vicentino, allora, può trovare risposte moralistiche e indurre pure a scelte economiche autolesionistiche. Dovrebbe invece aiutare a individuare le soluzioni più razionali: le uniche in grado di aiutare il Paese, nel suo insieme, a rispondere alla grave crisi in atto.
Carlo Lottieri
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