Naturalmente si tratta di un'ipotesi, perché in questo momento null'altro che ipotesi si possono avanzare su un provvedimento che cambia non di giorno in giorno, ma di ora in ora, a stretto giro d'agenzia. E tuttavia, che il cielo dell'evasore fiscale si stia sensibilmente rannuvolando è un'impressione che è difficile smentire, se non altro per un motivo assai semplice, quello che al governo non sembra restare altra alternativa se davvero vuole far tornare i conti. E' dunque probabile che questa volta la politica dell'annuncio non potrà bastare, bisognerà necessariamente passare a quella dei fatti, se si vogliono incassare i soldi che mancano.
All'uomo della strada, specie allo spennato lavoratore dipendente di ogni tipo e di ogni livello, la cosa non potrà che fare piacere. Specie se - come è stato annunciato - a certi titoli di giornale che strillano "Scoperta gigantesca evasione" o a certi articoli che raccontano la rava e la fava di elaborate truffe fiscali, ma senza fare un nome, si sostituiranno più sobrie comunicazioni del tipo: "Arrestati dieci evasori", con tanto di nomi e cognomi. Sì - a meno di ulteriori ripensamenti, sempre possibili - evadere le tasse potrebbe portare, finalmente, dritti dritti nelle patrie galere. E con il divieto di applicare la condizionale e quindi la prospettiva di un più o meno lungo, ma effettivo, soggiorno in cella.
La misura prospettata, del resto, è tutt'altro che illiberale. Fra i Paesi che la applicano con un rigore che fino a qualche tempo fa sembrava inadatto allo Stivale, ci sono quegli Stati Uniti che difficilmente possono essere definiti una tirannia. E la applicano così bene che non c'è bambino che non conosca la storiella di Al Capone, gangster professionista finito in gattabuia proprio per qualche disinvolta autoriduzione di tasse. Che si risolva o no il problema dell'evasione, almeno ci sarà qualche soddisfazione per coloro che i versamenti al Fisco li fanno - o sono costretti a farli - regolarmente.
Meno accettabile, personalmente, l'ipotesi della pubblicazione dei redditi dei contribuenti. Non per un'astratta questione di privacy che - checché ne pensi il Garante - non dovrebbe nemmeno porsi, bensì per il fatto che la pubblicazione stessa verrebbe affidata ai Comuni, che dovrebbero procedere «anche con riferimento a determinate categorie di contribuenti ovvero di reddito». Locuzione ideale per generare pasticci inestricabili. Si vogliono pubblicare le dichiarazioni dei redditi? Lo si faccia, ma senza pastrocchi, senza mettere le mani avanti lasciando aperta la possibilità che alla fine, siccome tutti i cittadini sono uguali, qualcuno, come sempre accade, si scopra più uguale degli altri. Lo faccia il Fisco, non i Comuni, e per tutti. Senza ambigui riferimenti a questa o quella categoria.
Antonio Marino
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