Non è certamente un caso, infatti, che l'ammonimento - al quale converrebbe porre attenzione non soltanto nel mondo cattolico, astenendosi dalle consuete banalità sull'ingerenza della Chiesa - giunga nel bel mezzo di una rovente polemica che riguarda da un lato i costi della politica e dall'altro fenomeni di corruzione che recenti episodi dimostrano diffusi a entrambi gli schieramenti, senza che nessuno possa rivendicare plausibilmente una presunta superiorità morale.
Sul primo versante, a prescindere dalla questione della necessaria riduzione del costo del servizio che la politica dovrebbe rendere al Paese, che a parole tutti ammettono, ma che al momento di esser messa concretamente in pratica finisce sempre per evaporare misteriosamente, bisognerebbe davvero chiedersi quanti siano oggi in Italia coloro che si danno alla politica convinti di avere qualcosa da dare e non qualcosa da ricevere. Non si tratta di fare un esercizio di moralismo da quattro soldi, si tratta semplicemente di guardare in faccia una realtà, la nostra, nella quale lo standard di vita di un parlamentare - per una lunga serie di privilegi che non vale neppure la pena di ricordare - non ha niente a che vedere con quello di una persona comune. In questa situazione, distinguere chi si impegna in politica per dare risposta alle esigenze collettive, fornire appunto un servizio alla collettività, da chi lo fa per sistemare i problemi propri è oggettivamente non facile. E ancora più arduo è presumere che tutti costoro siano mossi da un desiderio di dare - in competenza, in serietà, in dedizione, in assiduità - piuttosto che ricevere, non soltanto in prestigio ma in materialissimi vantaggi.
Se a questa attitudine si unisce (per fortuna non in tutti i casi) una certa gracilità morale, gli episodi di malcostume e di corruzione che tanto contribuiscono ad allontanare ulteriormente il personale politico dall'uomo della strada diventano, più che un incidente episodico, un esito sciaguratamente prevedibile, perché - come afferma il cardinale Bagnasco - «il nichilismo di valori nasce da una visione materialista dell'uomo e del mondo». Così che una Tangentopoli non basta, altre ne seguono moltiplicandosi e aggravandosi, con conseguenze che finiscono per ripercuotersi sull'intera società anziché rimanere confinate ai diretti protagonisti.
In questi giorni, molte riforme appaiono più che necessarie addirittura indispensabili se si vuole evitare una catastrofe collettiva. Eppure è probabile che nemmeno queste basteranno, se non ci si convincerà che la riforma più importante, quella senza la quale tutte le altre diventano insufficienti, gli uomini politici devono farla su se stessi, sul loro modo di intendere il servizio reso al Paese, sulle aspettative che nutrono, sulla natura delle gratificazioni - non necessariamente economiche - che si devono aspettare.
Antonio Marino
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