Non piace nemmeno a qualcuno tra i fondatori, un po' visionari, che nel 1987 si lanciarono nell'idea, a suo modo rivoluzionaria e un po' sfortunata, di acquisire per conto della comunità la villa e il suo verde ormai decaduto per farne il fiore all'occhiello del settore trainante dell'economia lariana.
Quante pagine di questo giornale sul «polo fieristico-congressuale», come si diceva pomposamente una volta, e sul suo famoso "indotto" di mille e migliaia posti di lavoro che avrebbe dovuto garantire.
È finita come nessuno si sarebbe augurato, con il tessile stretto dalla concorrenza straniera, le tante aziende che hanno chiuso, la categoria professionale del lucidista cancellata dai computer e i troppi designer superstiti che per ottenere visibilità vanno a esporre altrove. Sono tanti i nostri imprenditori che resistono puntando su lusso, qualità, nicchie di mercato e mestiere, ma è innegabile che senza ripensarsi a fondo, Villa Erba non ce la fa. La stessa Fiera di Milano l'ha presa in affitto troppo tempo per tenerla più chiusa che socchiusa. E chi si sta impegnando a fondo per salvarla pensa di far tornare i conti affittando posti-barca in riva al lago. Per ospitare finalmente e degnamente la fiera della nautica lariana, si spera; per fare più prosaicamente cassa con i motoscafi dei ricconi, si teme.
In questo panorama non rassicurante, se il porto-marina non assumerà i contorni del solito ecomostro, la cosa più bella resta e resterà la vista che si gode dal parco. E il suo verde, tornato splendido come una casata nobiliare in decadenza non poteva più garantire e come invece hanno consentito di fare i tanti, tanti fondi pubblici usati per l'acquisto e la gestione di questo piccolo gioiello in riva al lago.
Per la pubblica amministrazione, acquistarlo è stato un ottimo affare. Lo diciamo rendendo omaggio proprio a quei mezzi visionari, come l'ingegner Enrico Prini, che cimentandosi nell'impresa misero in gioco la salute e la fedina penale, con tutte quelle inchieste sugli abusi edilizi e i micropali, che molti ancora ricordano.
Nel gruppo dei visionari costretti a ricorrere all'avvocato c'era anche il professor Enrico Lironi, che tornato nel consiglio di amministrazione, intervistato da Marco Luppi sul giornale di oggi dice due cose importanti: la prima è di fare attenzione a non deturpare irrimediabilmente il giardino con il porto-marina, che non va fatto fuori scala ma con il buongusto che alla città non manca; l'altra è di aprire finalmente il parco alla gente, la stessa gente che ha contribuito a salvarlo con fior di tasse e ora meriterebbe almeno la stessa considerazione dei motoscafi.
Mario Cavallanti
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