Certo, comunisti che hanno fatto i soldi, abbracciato le mollezze del capitalismo, ma sempre nipotini di Mao e Deng Xiao Ping (quello che aveva il gatto di tutti i colori) che si guardano bene dal rinnegare.
Solo loro possono salvarci comprando quei titoli di Stato italiani che l'Europa è sempre più restia ad imbarcare. Nella speranza che il premier non si faccia intercettare mentre commenta da par suo il lato b e le altre fattezze di qualche dignitaria orientale. Sarebbe meglio che Gianni Letta gli tolga il telefono di mano.
Andiamo a chiedere soccorso ai cinesi, che, ovviamente, stavano lì sul fiume a vedere passare le spoglie di coloro che si indignavano per i mancati dazi contro i loro prodotti che hanno invaso i nostri mercati. Peraltro, almeno per il momento, si sono presi la soddisfazione di buttarci in faccia una frase che spesso si sono sentiti rivolgere da noi: tenetevi la vostra robaccia.
Ma i nostri politici, anche senza accedere con i superalcolici, sono facilmente portati all'oblio. Gente smemorata e distratta che non sa neppure che qualcuno gli sta pagando la casa (vedi alla voce Scajola), oppure non ricorda in che modo ha versato l'affitto di una lussuosa magione romana. Quest'ultimo è il ministro Giulio Tremonti, proprio colui che, secondo l'informato Financial Times, avrebbe ricevuto nella nostra capitale il presidente di uno dei più ricchi fondi sovrani di Pechino, il China Investment Corp.
Proprio lui, Tremonti, il commercialista calato dalla Valtellina con in testa un'idea meravigliosa: risanare i conti dello Stato e far ripartire l'economia. Ma come era possibile farlo con questi cinesi che, disse e scrisse più volte lo stesso ministro, stavano colonizzando l'Europa e l'Italia con i loro prodotti low cost mentre le autorità di Bruxelles lasciavano fare impunemente?
Proprio quel Tremonti un tempo fidatissimo sodale di quei leghisti che contro l'invasione gialla sui mercati avevano alzato stendardi e barricate.
Pensare che Tremonti può essere annoverato tra i primi pentiti della globalizzazione. Ci ha scritto sopra un libro che avrà fatto momentaneamente sparire dallo scaffale al ministero mentre accoglieva i rappresentanti della finanza cinese.
Ma Giulietto si consoli è in buona compagnia. I nostri politici sono quasi proverbiali nel rinnegare domani quel che avevano affermato ieri. Ricordate il «Berluscaz», il «mafioso di Arcore» ecc. con cui Bossi definiva colui a casa del quale cena quasi tutti i lunedì? Mettiamoci anche Fini nella compagnia perché l'incoerenza è bipartisan. Con il Senatur mai più un caffè. Un caffè no, un governo sì. E quando Berlusconi salì sul predellino e fondo il Pdl? Siamo alla comica finale, disse l'attuale presidente della Camera, salvo poi pochi giorni dopo presentarsi come cofondatore del partito. Come si scrive in ideogrammi pecunia non olet?
Francesco Angelini
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