art 1. I garage che fanno parte del patrimonio comunale vengono assegnati ai cittadini residenti sulla base delle richieste prevenute entro il termine stabilito dall'art.2;
art. 2. Il termine di presentazione delle richieste di assegnazione dei box è scaduto quindici anni fa;
art. 3. Qualora non dovessero pervenire richieste, i parcheggi verranno assegnati attraverso una delle tre procedure in vigore negli uffici comunali: a capocchia, aumm' aumm' o chi 'l vusa pusèe il box l'è sò;
art. 4. Gli assegnatari dei garage comunali dovranno versare al Comune un canone fissato da un perito. Essendo che il perito, per definizione è perito, il canone è fissato a spanne dall'assessore competente.
art. 5. E' istituita una commissione alla ricerca di un assessore competente. Qualsiasi;
art. 6. E' fatto divieto a ciascuna delle parti di diffondere con la parola, a gesti o con manifestazioni del pensiero l'ammontare della somma pattuita;
art. 7. E' fatto obbligo a chiunque fosse interessato a un garage municipale di mettere giù il pensiero.
Lo scherzo, il nostro, finisce qui. A ben vedere, per quanto bizzarro sia, questo fanta-regolamento calza benissimo con la situazione dei box comunali a Como. Situazione non dipinta di nero dai soliti giornalisti polemici, ma disegnata dall'assessore al Patrimonio Enrico Cenetiempo. Provare per credere: come mai non c'è un regolamento? «Sono anni che non chiede più nessuno box».
Caro assessore, l'avrei chiesto io, ad esempio, o l'avrebbe chiesto uno a caso dei miei conoscenti che un garage lo devono affittare a 1.500 euro l'anno, se va bene, o sono costretti a comprarlo a non meno di trentamila euro, in convalle. Semplicemente l'avremmo chiesto se l'avessimo saputo. Ma non potevamo saperlo. Non abbiamo contatti con gli uffici comunali, né parenti, affini o conoscenti tra i "miracolati".
Che poi non è certo un reato avere in affitto un garage comunale: che siano dati in prelazione agli inquilini, ad esempio, mica è uno scandalo. Lo scandalo sta nelle cifre risibili, nell'assoluta mancanza di regole, nello spregio della trasparenza e, perché no, nella reazione dell'assessore al Patrimonio, asettica e irritante. «E' così da quindici anni». Embé? Che giustificazione è? Significa che da almeno quindici anni il Comune viene danneggiato da pochi privilegiati: un minimo di indignazione sarebbe anche naturale, umana. Macché.
D'altra parte se dopo il muro sul lago, la tragicommedia delle paratie, la farsa Ticosa e i concorsi truccati (solo per fare una rapida sintesi) chi ci governa non si è mai indignato, perché farlo ora?. Sarebbe un preoccupante segnale di risveglio dal coma. Dal coma di Como.
Mauro Butti
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