Ma Moritz Mantero è lo stesso testardo che, alla terza generazione si è trovato solo al comando. Erano otto fratelli, come i piccoli indiani di Agata Christie sono usciti di scena uno alla volta. Lui, il testardo, non ha voluto mollare. In un'epoca in cui molti dismettono, altri vendono o gettano la spugna ha voluto allungare di una generazione la storia di un'azienda che fa parte del Dna di Como. Il ritorno al capitalismo familiare di questi tempi è una scelta che non ha uguali. A Como e non solo. Ci sarà pure un perché potrà dire qualcuno.
Vero. In un momento in cui perfino lo Stato si offre ai capitali cinesi, non sarebbe stato difficile trovare un acquirente per un'azienda oltretutto reduce da una cura di cavallo a cui l'ha dovuta sottoporre per sei anni (era questo il suo compito) il manager Massimo Brunelli. E che forse ora ha gambe meno robuste ma più agili per correre in un mercato che assomiglia una giungla frenetica e piena di trappole.
In questo periodo è stato venduto un patrimonio immobiliare aziendale di un valore da far venire le vertigini, sono stati sacrificati posti di lavoro, applicati contratti di solidarietà. Tutti hanno dovuto contribuire al tentativo di risanamento: Anche Moritz Mantero, che con un altro gesto degno del testardo che è, ha versato nell'azienda che porta il suo nome, quello di suo padre, di suo nonno e di suo figlio, una parte cospicua del suo patrimonio personale. Di fronte a una scelta del genere, spesso nelle famiglie si creano fratture. In casa Mantero, evidentemente, non è andata così.
Franco ha voluto condividere la testardaggine del padre. Si vede che ce l'hanno nel sangue questo vizio. Non c'è da invidiarlo. E come un ufficiale fresco di accademia (anche se in realtà qualche esperienza di navigazione già l'ha fatta) che prende il comando di una nave mentre infuria la peggiore delle tempeste. Dovrà cercare di condurla in porto con tutto l'equipaggio.
Certo, rispetto alla corazzata che era, ora la Mantero somiglia di più a un vascello. L'importante però è che continui a issare il vessillo comasco. Altri non hanno cambiato le rotte, ma le bandiere sì. Percorsi legittimi, forse senza alternative, ma diversi. Il vascello Mantero dovrà saper trasformarsi in corsaro, all'occorrenza. Ma oggi i mari sono questi. E non si può non augurare di cuore al comandante e all'equipaggio, con il suo carico di seta buon viaggio.
Perché in una Como che negli anni ha finito per perdere tutto o quasi, sapere che la Mantero resterà ai Mantero è, comunque la si voglia vedere e qualunque potrà essere l'esito di questa scommessa, un segnale di speranza.
Francesco Angelini
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