Un'immagine non più e soltanto scalfita da incapacità e inadeguatezze strutturali, screditamenti economici e ignavie politiche, costumanze da fine impero e cadute d'ogni principio etico. Un'immagine ormai sgretolata e fin quasi incenerita, che comunica (a noi italiani, prima che all'Europa e al mondo) una disperante sensazione di condanna a subire e a scontare. A pagare e a patire. Senza speranza in nulla di diverso, fin quando non se ne andrà chi seguita a dire che nessuna speranza è perduta.
Non c'è mozione degli affetti - né da parte d'avversari disposti a contrattare una sua accettabile resa, né da parte di sodali persuasi che solo l'indietreggiamento del Capo permetterebbe loro d'andare ancora avanti - capace di rompere l'ostinata sordità del premier. E, se non vogliamo metterla sul patriottico ma sul pratico, non c'è neppure mozione degli effetti che riesca a convincerlo. A convincere lui, uomo non imputabile di scarso pragmatismo, degli effetti disastrosi di quanto sta succedendo. E dei quali è urgente prendere atto e trarre le conseguenze senza sfinirsi inutilmente (drammaticamente) a discutere con puntiglio sulle cause.
Gli effetti propongono una scenografia - insieme fantasiosa e realistica - con un abisso, una passerella d'emergenza lanciata da un punto all'altro del precipizio, il beneficiario del possibile salvataggio impedito ad accettarlo. Il mancato beneficiario non è il presidente del Consiglio: il mancato beneficiario è il Paese. Al quale sembra ormai d'avere perduto il perdibile: autorevolezza, dignità, orgoglio. E si sente investito dai miasmi della mediocrità, offeso nei valori semplici e solidi in cui crede, non intercettato (c'è anche una non intercettazione, fra centomila intercettazioni) nel perdurante vagare senza meta.
Vorremmo (come lo vorremmo) ritrovarci nell'efficace rappresentazione che gl'indiani danno del modo di sbrigarsela nelle difficoltà: volare non significa solo muovere le ali, ma riuscire a muoversi e a restare in aria senza sostegno. Vorremmo e non possiamo. Perché vediamo un grande e confuso battere d'ali, non mosse decisive per spiccare il volo. Un galleggiare incerto nel percorso scelto, non un'autonomia capace di rinunziare a continui appoggi. Dovrebbe, questo nostro Paese, fare come le rondini: individuata la traiettoria, navigare sicuro anche se il vento soffia contro, opponendovi il petto carenato. Invece fa come la piuma, che del vento è in balia, e viene sballottata da ogni refolo, brezza e corrente. Non a caso viene giudicato un Paese che sta per lasciarci le penne. Le nostre penne.
Max Lodi
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