È questo il nodo su cui i comaschi dovrebbero iniziare a riflettere a pochi mesi dalle elezioni per il nuovo sindaco, anche perché c'è la sensazione che non tutti abbiano compreso a pieno quanto questo appuntamento sia davvero decisivo per il futuro della città. Dopo il disastro non solo politico, ma anche culturale, etico, addirittura personale, lombrosiano della giunta in carica che porta su di sé - a torto o a ragione - il marchio d'infamia di scandali di portata nazionale come quelli del muro e della Ticosa, oltre a tutta un'altra serie di perfetti esempi di come non si deve amministrare, i cittadini devono capire che se dovessero delegare i prossimi cinque anni di governo a un oscuro funzionario di partito del Pd o del Pdl metterebbero la pietra tombale sul futuro di Como. Altri cinque anni così e la città è morta e sepolta, soffocata e bypassata per sempre da realtà dinamiche come quelle di Lecco e Varese.
Questo è il punto. Questa la posta in gioco. E nessuno deve far finta di non vedere, di non capire. Gli ambiziosi sono tanti, come è inevitabile che sia, e in tanti aspirano alla poltrona di Palazzo Cernezzi. Le intelligenze, le competenze e le volontà, purtroppo, molto meno. Ma è proprio fra queste che bisogna cercare, rompendo una volta per tutte lo schema aventiniano grazie al quale si sono consegnate troppe volte le leve del governo a chi non aveva alcun titolo per esercitarlo. E l'ambizione senza contenuti porta sempre a disastri, come queste ultime settimane hanno avuto modo di dimostrare in maniera eclatante.
Insomma, guardatevi in giro. Non c'è salotto o consiglio di amministrazione o serata culturale o incontro tra amici in centro che non dedichi almeno un quarto d'ora alla critica spietata, irridente, canzonatoria e del tutto motivata dello stato di abbandono in cui si trova Como: ormai è diventato lo sport cittadino. Bene, sappiate che questo non basta più, non può trasformarsi nel giochino grazie al quale, prima di mettersi a tavola, si scherza e si motteggia contro il sindaco e i suoi assessori sghignazzando sulle antenne del Baradello, le passeggiate a lago fantozziane e i garage in saldo per amici e familiari. Adesso gli imprenditori, gli intellettuali, i campioni della società civile facciano il piacere di spendersi e di portare con sé una squadra di comaschi capaci, competenti, moralmente cristallini e innamorati della propria città per prendere in mano - in questo momento di tragica debolezza dell'economia e della politica e mentre i giornali vengono inondati di schifezze mille miglia lontane dai veri bisogni dei cittadini e dalla linea editoriale di questo giornale - il destino di Como. Scendano in campo, lavorino sodo e alla fine del loro mandato ci lascino qualcosa che dura.
È vero che chi possiede un'impresa vuol pensare innanzitutto a non farla affondare tra i marosi della recessione, è vero che gli errori stratificatisi nel corso degli anni rendono difficilissima la soluzione dei problemi ed è anche vero che i tagli agli enti locali ostacolano ogni tipo di investimento a lungo termine, ma è proprio nei momenti difficili che bisogna essere coraggiosi. Vogliamo davvero che Como si trasformi in un pensionato di lusso, prigioniera di una sindrome triestina da nobile decaduto di fine impero? Vogliamo davvero accontentarci a vivere di rendita, fra qualche vip in riva al lago e qualche capatina furtiva in Svizzera? E' questo il destino - penoso - dal quale non si può fuggire?
Noi crediamo di no e faremo in modo di pungolare in tutti i modi i migliori della città per convincerli a far nascere qualcosa di nuovo e di serio. Questo è l'attimo. Se i comaschi se lo lasciano sfuggire sappiano che dopo non avranno più alcun diritto di lamentarsi. Chi volta la testa dall'altra parte ha sempre torto.
Diego Minonzio
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