La criminale sottovalutazione del problema 'ndrangheta nel Nord Italia, le sconsiderate bugie pronunciate per anni dalla politica per nascondere ai cittadini l'esistenza di una malerba che aveva già piantato solide radici nel nostro territorio, l'omertà dilagante di coloro che con i clan pensavano di potersi mettere in affari, salvo poi accorgersi che non esiste alcuna immunità da un simile virus, hanno trasformato un fumoso rischio di infiltrazione in un concreto e attuale radicamento del fenomeno mafioso anche nei giardini di casa nostra. Lo studio che la Camera di commercio ha realizzato sulla paura che gli imprenditori nutrono di fronte alla criminalità organizzata (studio che pubblichiamo a pagina 18), scatta una duplice fotografia. La prima decisamente negativa: la maggioranza degli imprenditori intervistati mette in conto la possibilità che loro colleghi possano scendere a patti con la 'ndrangheta, soprattutto in questo momento di crisi. Addirittura uno su tre ritiene che le imprese che siedono alla tavola dei clan lo facciano per squallido interesse, ovvero per aumentare affari e fatturato.
La seconda fotografia, invece, sa di speranza: solo una residua minoranza degli imprenditori che hanno risposto alle domande sottovaluta il pericolo. Insomma: c'è una maggiore consapevolezza. E non soltanto nel mondo produttivo, ma anche tra i cittadini.
Lo scorso fine settimana, in provincia, sono stati organizzati due appuntamenti per discutere di mafie. A Cantù, alla festa della Lavori in corso, e a Villa Guardia, all'Isola che c'è. Oltre 150 persone in due giorni hanno rinunciato al loro sabato o alla loro domenica pomeriggio per confrontarsi sul tema della criminalità.
In uno di questi incontri Alessandro De Lisi, che a Cermenate in una villetta confiscata alla 'ndrangheta ha dato vita al progetto San Francesco per la lotta alle mafie, ha sottolineato un dato che la paura tende a far dimenticare: «La maggioranza siamo noi, non i criminali. I numeri sono dalla parte delle persone oneste e perbene, non dei mafiosi». Ma un simile esercito, se vuole davvero vincere quella che il vice questore Nunzio Trabace ha definito «una vera e propria guerra» contro la criminalità, non deve isolarsi. E, soprattutto, non deve arrendersi, scegliendo la strada apparentemente più semplice: il silenzio. «Di fronte alla 'ndrangheta gli imprenditori del Nord si sono dimostrati più omertosi di quelli del Sud», ha sottolineato ad esempio Marco Digirolamo, della segreteria regionale del sindacato degli edili citando l'accusa di un magistrato antimafia.
La cronaca del recente passato ha raccontato di silenzi e omertà anche a Como. Qualcosa, però, si sta muovendo.
Se è vero, come canta Paul Simon nella struggente "Sound of silence", che «il silenzio è un cancro che cresce», il weekend comasco all'insegna dell'antimafia ha il sapore dolce di una medicina buona. Capace di dar voce alla speranza.
Paolo Moretti
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