Le proposte di Amato e di Pellegrino Capaldo traevano legittimazione da un ragionamento che circolava con sempre più insistenza nel Paese. L'Italia, si cominciava a dire, ha un grande debito pubblico ma è anche ricca e risparmiosa. Per questo, sottraendo risorse al risparmio dei privati per ripagare il debito pubblico possiamo "riequilibrare i due recipienti", costruendo per i nostri figli un futuro meno incerto.
Più di recente, la patrimoniale si è riaffacciata nei discorsi di chi più prosaicamente è convinto che gli interventi messi in campo sin qui dal governo italiano non siano serviti a nulla, e che pertanto sia importante dare un "segnale ai mercati". Come? Sempre riportando il debito al 100% del PIL, dal 120 che è ora. La situazione è drammatica e richiede interventi urgenti. Ma davvero una tassa in più, per quanto con un carattere all'apparenza fortemente "progressivo" come la patrimoniale promette di essere, può essere risolutiva?
Il Tesoro stima che la pressione fiscale raggiungerà il 43,8% nel 2012. E' il livello più alto mai raggiunto dai tempi dell'eurotassa. Che gli italiani siano troppo anziché troppo poco tassati, è cosa risaputa non da oggi. Le alte tasse hanno un effetto depressivo sull'economia: possiamo dividerci su quali siano le ricette migliori per tornare a crescere, siamo sicuramente sicuri che cosa non ci farà tornare a crescere. Più tasse.
La patrimoniale non fa eccezione alla regola. Lasciamo perdere il fatto che sarebbe una tassa particolarmente odiosa: colpirebbe il risparmio, già tassato in precedenza quale reddito. In Italia buona parte del risparmio finisce nel mattone: un'imposta patrimoniale ad aliquota elevata avrebbe conseguenze sul mercato immobiliare, portando a un'erosione del valore delle case. Colpire il risparmio significa inevitabilmente disincentivare gli investimenti: e per uscire dalla crisi, abbiamo necessariamente bisogno di più investimenti. Abbassare l'asticella del debito avrebbe effetti positivi? Non v'è dubbio che sia necessario. Non, tuttavia, a spese della crescita. Tornare a crescere è ciò che più insistentemente ci viene richiesto dalle grandi istituzioni internazionali - e dai mercati.
I nostri problemi vengono dal fatto che non siamo più ritenuti debitori credibili. Questo proprio perché non cresciamo: non diamo garanzia di essere in grado di restituire agevolmente i debiti contratti, domani.
Mettere l'Italia al riparo dalla tempesta finanziaria, oggi, significa riconsegnarla alla crescita. Questo imporrebbe una serie di interventi diversi, alcuni dei quali avrebbero effetti pressoché immediati (le privatizzazioni), altri che avrebbero effetti nel medio termine (le liberalizzazioni), ma che contribuirebbero gli uni e gli altri a renderci credibili - di fronte al mondo e ai mercati.
L'idea del "taglio netto" al debito, mettendo le mani nelle tasche degli italiani, piace alla politica: aumentare le imposte è semplice. Ma si cresce creando ricchezza, non coi furti con scasso.
Alberto Mingardi
© RIPRODUZIONE RISERVATA