E tornavo sempre a casa di corsa, non vedendo l'ora di leggerli, di riprendere il filo di una matassa inesauribile di emozioni, fantasie, immagini, avventure, attraverso il piacere della lettura. Una lettura particolare, che univa al significato della parola il fascino delle immagini. Disegni al tratto, in bianco e nero, che mi portavano molto lontano dalla stanzetta dove mi rintanavo a leggerli in perfetta solitudine. I loro nomi erano Tex Willer, Nat di Santa Cruz, Il piccolo sceriffo, Sciuscià... Erano album a fumetti con un solo eroico protagonista, ma anche pubblicazioni con tanti personaggi e tante storie, come L'Intrepido e Il Monello.
Ricordo come se fosse adesso l'intenso piacere di entrare all'edicola, accolto dal meraviglioso profumo della carta stampata, e poi la gioia impaziente di cominciare a sfogliare quelle pagine, in formato di albo a strisce, mentre ero ancora per strada, e di animare con la fantasia le figure che mi scorrevano sotto gli occhi.
Non c'era la televisione, e leggere i fumetti consentiva di vivere in una dimensione fantastica. E necessaria.
Ricordo anche la bellezza, la vitalità, l'efficacia di quei disegni vigorosi ed espressivi, di quelle storie magistrali.
Come le tavole di Aurelio Galeppini, che firmava con lo pseudonimo "Galep" gli albi di Tex Willer, il cowboy più famoso del fumetto italiano, al quale Galep aveva dato il volto di Gary Cooper, e le cui storie erano scritte da Gian Luigi Bonelli.
Gian Luigi era il padre di Sergio Bonelli, che se n'è andato ieri, dopo aver continuato a scrivere le storie di Tex Willer per mezzo secolo. Sergio Bonelli, come suo padre, non si considerava un artista, ma solo un artigiano, e non chiamava la sua casa editrice "impresa editoriale", ma "bottega".
Non era mai stato in America e non aveva mai visto la Monument Valley celebrata da John Ford, e da lui posta come scenografia a tante storie di Tex. Anzi, amava ripetere che in tutta la sua vita non aveva mai lasciato Porta Magenta, la zona di Milano in cui era nato.
Insomma, si era sempre mosso nel raggio di un chilometro, non di più.
Ma aveva saputo toccare tutte le corde della narrativa di avventure.
Un vero maestro.
Alfredo Chiàppori
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