L'ennesima inchiesta che coinvolge, ma sarebbe meglio dire travolge, Palazzo Cernezzi suona come un atto di sfiducia della Guardia di finanza e della Procura nei confronti della casa dei comaschi. Quel palazzo di vetro sul quale, con gli anni, qualcuno si è scordato di passare il Vetril. Al punto che le immagini più accattivanti offerte allo sguardi dei cittadini altro non erano se non le proiezioni di promesse mai mantenute.
Come spiegare, altrimenti, quel muro oscura-lago spuntato dal nulla e scoperto per caso dalla caparbia curiosità del pensionato Innocente Proverbio? O la presenza di amianto, ostinatamente negata per mesi dai nostri amministratori, tra le macerie dell'ex tintostamperia Ticosa? Da sempre una delle prerogative degli italiani è nutrire un senso di sfiducia nei confronti dei politici. Ce l'abbiamo nel Dna, senza peraltro che nessuno si prenda la briga di trovare una cura genetica o anche solo etica. Ma fino a quando questa disistima resta confinata ai proclami rimasti tali si può pensare che, in fondo, sia un problema che potranno affrontare gli elettori, a tempo debito. Quando però la sfiducia intacca qualcosa di più profondo e sacro, come il concetto stesso di trasparenza, forse è il momento di porsi seriamente qualche domanda. Se la memoria ci supporta, sono almeno sette inchieste penali che hanno coinvolto Palazzo Cernezzi in meno di cinque anni, ovvero nel corso dell'ultimo mandato del sindaco Stefano Bruni. E questo senza voler aggiungere al conto gli altri grattacapi penali che hanno coinvolto realtà diretta emanazione di quel palazzo, vedi la vicenda Ca' d'Industria.
È quasi fisiologico, quando si amministra una città quale Como, finire nel mirino di nemici, di rancorosi e di invidiosi. Come pure di essere messi sotto inchiesta. Ma ormai in via Vittorio Emanuele quella soglia è stata abbondantemente superata e si rischia di precipitare nel patologico. Gli ultimi due fascicoli aperti dalla Procura, forse ancor più degli altri che li hanno preceduti, suonano come un vero e proprio attestato di sfiducia da parte della Giustizia sull'operato dell'amministrazione cittadina. Quale altro sentimento si può provare, quando i finanzieri si presentano nel giro di pochi giorni a far piazza pulita di atti e documenti pubblici in due differenti uffici? Certo, nessuno davvero crede che la magistratura sia intervenuta solo perché non crede più ai politici locali. E ci mancherebbe altro.
Il problema è che gli eventi regalano spesso impressioni che vanno oltre alle loro reali intenzioni. Soprattutto quando, di fronte a un singolo documento sospetto legato a un unico e ben preciso settore di attività di un ufficio specifico del Comune, magistrato e finanzieri decidono di accendere i riflettori su tutti gli appalti stipulati da quell'ufficio per tutti i settori di sua competenza negli ultimi cinque anni. Questo capita, di solito, proprio quando viene a mancare la fiducia. O quando ci si dimentica di dare una mano di Vetril capace di restituire quella trasparenza che ogni comasco dovrebbe pretendere dal suo Palazzo di vetro. Pardon, Cernezzi.
Paolo Moretti
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