Tutto questo è il frutto non già del caso o di un'improvvisa illuminazione di singoli magistrati, ma è la diretta conseguenza di un sistema di regole che fanno del processo italiano uno dei più garantisti e giusto al mondo. Quegli Stati Uniti che non hanno lesinato critiche anche feroci alla giustizia italiana, per aver tenuto in carcere per quattro anni la "figlia" di Seattle, non sarebbero probabilmente stati capaci di tornare sui propri passi come hanno fatto i giudici di Perugia. Quanti innocenti sono usciti con gli occhi chiusi e il cuore svuotato di vita, ancor prima che di speranza, dalle camere a gas. Senza che il sistema giudiziario americano trovasse un modo per ridiscutere il caso e riaprire il processo.
Nella serata di quella che i difensori degli imputati hanno definito «una vittoria della giustizia», non è però possibile sorvolare sul fatto che, per quattro anni, due persone giudicate ieri innocenti sono state private della libertà. Al di là delle critiche piovute su un'inchiesta che, evidentemente, è uscita demolita dalla camera di consiglio dei giudici di secondo grado, sarebbe forse il caso di interrogarsi su quella sindrome da Csi che ha irrimediabilmente contagiato le inchieste. Se è vero, infatti, che la prova scientifica può essere determinante per risolvere un mistero, è altrettanto vero che non le si può delegare il compito esclusivo di tracciare il confine tra innocenza e colpevolezza. Il balletto di consulenze e perizie, quello sì non un bello spettacolo per la macchina inquirente italiana, ha messo drammaticamente a nudo la necessità di ripensare con freddezza e grande cautela a come interpretare le tracce scientifiche ritrovate su una scena del delitto.
Ma anche su questo fronte, ieri, il complesso sistema di codici e norme che regge la giustizia italiana ha dato un segnale di garanzia. Questo non significa che di errori non ne sono mai stati e non ne saranno mai commessi. Ma, da ieri, siamo autorizzati a sentirci un po' più tutelati. L'America delle camere a gas, la stessa che ha intinto nel veleno le penne dei commentatori giunti a Perugia, è lontana. E, almeno sul fronte della giustizia, è una buona notizia.
Paolo Moretti
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