Chi scrive è invece molto, ma molto fiero di aver avviato e portato a termine nella primavera scorsa, quando lavorava in un quotidiano nazionale, un'inchiesta che dopo due mesi di martellamento violentissimo ha fatto riesplodere lo scandalo Affittopoli a Milano. Mentre gli altri giornaloni arzigogolavano sui destini del riformismo meneghino e sulle ultime tendenze del burraco del martedì pomeriggio, siamo riusciti, in perfetta solitudine e grazie al lavoro di un paio di ragazzini formidabili e pieni di entusiasmo, prima a far pubblicare dal Comune di Milano l'elenco completo degli appartamenti pubblici affittati a prezzi irrisori in pieno centro, poi a costringere il Policlinico e il Pio Albergo Trivulzio a fare lo stesso. Apriti cielo. I canoni da terzo mondo "regalati" a stuole di manager, politici, funzionari, traffichini, amici degli amici, ragazzotte, attricette, moralisti tanto al chilo, intellettuali della Magna Grecia, vip televisivi, nani, donne barbute, capibastone, capetti di quartiere e salmerie al seguito sono risultati talmente vergognosi da costringere il presidente e il consiglio di amministrazione della Baggina a dare le dimissioni.
Ecco, questa è la cosa di cui un giornalista deve andare orgoglioso. E perché questo episodio è così importante? Perché ha dimostrato che quella zona grigia dove la sciatteria si mischia al malaffare, alla corruzione e alla totale assenza di senso dello Stato è diffusa ovunque, ma anche che se un giornale - di sinistra, di destra, nazionale o locale, non è questo il punto - si mette a fare il proprio mestiere senza paura e servilismo si riesce ancora a scoprirla, a denunciarla e farla esplodere.
A Como, come dimostra la nostra inchiesta condotta in perfetta solitudine sulle case e i garage affittati dal Comune a prezzi stracciati, sta succedendo lo stesso. Non nelle dimensioni, naturalmente, né nella notorietà dei personaggi: qui siamo in provincia, là in una grande metropoli dove vizi e virtù sono automaticamente ingigantiti. Ma nel metodo sì. Il metodo è lo stesso: utilizzare i beni pubblici per favorire i propri affiliati senza alcun rispetto di tutte le persone normali che l'appartamento o il box se lo devono sudare con anni di lavoro. È vero che qualcuno storcerà il naso di fronte a una durezza che potrà sembrare eccessiva, giacobina, moralistica. In fondo, se Palazzo Cernezzi "regala" l'affitto di qualche casa o di qualche garage in pieno centro che male c'è? Cosa cambia rispetto ai veri problemi della città? Osservazione molto italiana, che però conferma una verità profondissima. E cioè che esiste solo un tipo di persona che si può permettere di disprezzare il denaro: chi già ce l'ha, e ne ha parecchio. Per tutti gli altri, quelli che sono costretti a sbarcare il lunario, il pensiero che quello che loro pagano mille a qualcun altro costa solo duecento rappresenta un nuovo schiaffo assestato a chi non può difendersi. E' una questione di giustizia, di moralità, di dignità di uno Stato che voglia essere esempio di buona amministrazione e non manifesto di conventicole omertose.
Questa città è ricca di eccellenze assolute nel campo dell'imprenditoria, dell'innovazione, della cultura, della solidarietà - pensiamo solo a quante centinaia di persone lavorino per associazioni di volontariato esemplari come Cometa, Comocuore e tante altre di qualsivoglia ispirazione -: perché dobbiamo restare incatenati alla sola denuncia del malcostume e del degrado quando potremmo invece dedicarci al racconto di chi crea meraviglie nel disinteresse (quasi) generale? Semplice, perché se il malcostume non viene spazzato via, finisce col nascondere alla vista le tante cose belle che Como costruisce alla faccia della malapolitica e della pessima amministrazione. Forza comaschi, prendete una bella scopa e ripulite la vostra città: basta poco per trasformarla in un posto migliore. Ma gli unici che possono farlo siete voi.
Diego Minonzio
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