Una consulenza di parte, in quanto tale, non è una sentenza e nessuno intende mettere alla gogna i 12 tecnici che vengono citati a vario titolo nella perizia, in rappresentanza del Comune di Como, della Provincia, della Regione, del Ministero dell'Ambiente, della Soprintendenza ai Beni culturali, oltre che di Sacaim. Ma non si può tacere che, anche se dal punto di vista penale le conclusioni non vengono seguite da accuse e contestazioni di reato, i rilievi sono comunque pesantissimi. «Non pochi, probabilmente, si astennero da più attente e approfondite indagini - si legge nella consulenza - paventando il rischio di essere additati come responsabili di aver fermato un treno in corsa che, per inerzia e/o quieto vivere e/o disinteresse e/o tornaconto politico, non andava neppure rallentato».
Un atto d'accusa in piena regola, che non necessita nemmeno la consueta traduzione dal burocratichese. È chiaro che, anche in questo caso, un minimo di prudenza e di equilibrio non guasta. Ed è altrettanto opportuno non sparare nel mucchio, attenendosi a una doverosa gradazione nell'elencare i protagonisti.
La copertina, inevitabilmente, anche questa volta va al direttore dei lavori Antonio Viola e al responsabile del procedimento Antonio Ferro che, allo stato, restano gli unici indagati per lo scandalo del muro. C'è poi un'ampia "terra di mezzo" che comprende altri funzionari dell'Ufficio tecnico, della Regione e del Ministero dell'Ambiente. C'è l'amministratore delegato della Sacaim, l'impresa che sta realizzando i lavori (fermi da gennaio). E, infine, spuntano due nomi a sorpresa: il soprintendente Alberto Artioli e il dirigente della Provincia Giuseppe Cosenza. Un autentico fulmine a ciel sereno, soprattutto quest'ultimo, posto che il superdirigente di Villa Saporiti si è segnalato spesso e volentieri come inflessibile cane da guardia del cantiere. A farlo rientrare nel lotto sono le autorizzazioni paesaggistiche del 2007 e del 2008.
Qual è l'appunto nei suoi confronti? Per i consulenti della Procura, pare di capire, nel 2008 Cosenza si sarebbe limitato a riportare pari pari le premesse dell'autorizzazione precedente dimenticando però che l'inserimento dell'ormai famigerato schienale (leggi muro) avrebbe precluso la vista a lago. Di più. Dice che l'autorizzazione non era stata adeguatamente motivata. Ricapitoliamo, visto che l'ultimo show delle paratie - su queste colonne - è ormai alla terza puntata. I consulenti della Procura, in quasi 400 pagine, dicono chiaramente che lo scempio realizzato in questi anni sul lungolago è frutto di sciatteria, superficialità o, peggio ancora, di calcolo politico. E - da tecnici - paventano il rischio di dissesti di entità non prevedibile per alcuni palazzi adiacenti piazza Cavour. Ora ci dicono anche quali sono le firme sullo scempio, facendo intuire che se la sciatteria fosse un reato, sarebbero tutti sotto inchiesta. Una bocciatura senza appello, insomma. Magra soddisfazione, che non sposta di una virgola il senso di sconcerto e di impotenza. E, soprattutto, le nubi nere su questo disgraziatissimo cantiere.
Emilio Frigerio
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