Il Cavaliere resta in sella, ma il cavallo è sempre più malconcio. Il traguardo per lui è ancora lontano e potrebbe fermarsi prima.
Ma non è ancora il tempo. Autentico politico dalle sette vite, capace di combattere con ogni mezzo e senza posa, a dispetto di vicende personal-giudiziarie e età, Berlusconi ce l'ha fatta ancora. «Mamma mia», titolava al proposito ieri il sito di un giornale tedesco e l'esclamazione la dice lunga su come questo travaglio italiano è visto oltre frontiera.
Il presidente del Consiglio tuttavia ha ragione a gioire, ma anche chi sostiene che questa potrebbe essere una vittoria di Pirro non ha tutti i torti. I voti di scarto sono stati 15, il che vuol dire che se 8 deputati per un motivo o per un altro si spostano dal sì al no su un qualche provvedimento che non va, Berlusconi è spacciato.
Il dato di fondo resta questo: ieri altri quattro parlamentari a lui vicini se ne sono allontanati e tirare avanti in queste occasioni è sempre più difficile, se non impossibile. Soprattutto se cresce la fronda interna e la Lega ormai non è più compatta dietro Bossi e i suoi diktat: le liste segrete stilate a Varese e il netto «è ora che il premier si faccia da parte» pronunciato dal sindaco di Verona Flavio Tosi, la dicono lunga sullo stato d'animo interno al Carroccio.
Ma anche l'opposizione non se la cava troppo bene. I radicali saranno stati anche poco rispettosi della linea stabilita per i gruppi parlamentari, ma certo non li si può prendere a sberle (metaforiche) perché invece di cedere a escamotage da vecchie battaglie parlamentari, hanno preferito dire il loro no alla fiducia direttamente dai banchi. Sarà uno stile un po' "british", ma in ogni caso l'opposizione dal 14 dicembre dello scorso anno - con l'incredibile ingenuità di Fini - i numeri per battere Berlusconi non li ha. A meno di non "comperarsi" i Responsabili o convincerli che il loro futuro è comunque nero.
Il guaio reale è che è nero il futuro che ci attende tutti quanti, in queste condizioni: un Cavaliere semi-azzoppato e un'opposizione che non ha ancora scelta un cavallo vincente e non sa neppure come e in quanti potranno salirvi sopra.
Non passa giorno che da Bankitalia, Confindustria, sindacati, Ue, Bce, Sarkozy, Merkel o altri non arrivino segnali di preoccupazione sulla tenuta italiana.
Tremonti sarà anche stato bravo, come ha detto ieri con accenti un po' pelosi il premier, a tenere i conti in ordine, ma qualsiasi economista sa che non basta o forse non è neppure vero. Scelte da lacrime e sangue ci aspettano, come la Grecia o forse peggio. E non basterà sventolare i "fondamentali" buoni, ovvero il risparmio privato, le banche meno esposte sui debiti esteri, un tessuto di piccola e media industria che ancora tiene. Molto altro sarà necessario e un governo in queste condizioni non è in grado di difendere neppure scelte meno sanguinose. Non ce la potrebbe fare, a questo punto e con queste Camere, neppure un esecutivo tecnico.
Dunque si veleggia verso il voto anticipato, in primavera. Lo sa anche Berlusconi, il suo discorso incolore dell'altro ieri e gli sbadigli di Bossi lo provano. Un annuncio chiaro, a questo punto, oggi forse sarebbe il segnale più deciso che si potrebbe lanciare e aiuterebbe a prendere anche misure impopolari. Come ha fatto la Spagna che, guarda caso, oggi è messa meglio di noi.
Umberto Montin
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