Le riforme da fare
per salvare la politica

 A tutti i naviganti e navigati che si vanno stracciando le vesti per la fine della politica rappresentata dal governo Monti andrebbe notificato un avviso. La politica, intesa come primato è già finita da tempo. Se Monti avesse intenzione di ammazzare la politica (e non ce l'ha) ucciderebbe un uomo morto. Lo dimostra la parabola di Silvio Berlusconi.
Al di là della videofavoletta sulle dimissioni per il bene del paese, tutti sanno quali sono stati i veri motivi che hanno costretto il Cavaliere a fare gli scatoloni a palazzo Chigi. La settimana scorsa, nel pieno dello tsunami finanziario che stava sbatacchiando l'Italia, i fondi di investimento americani che fanno parte della proprietà di Mediaset hanno manovrato per far crollare il titolo che infatti è stato sospeso in Borsa per eccesso di ribasso. Il messaggio era chiaro: o Berlusconi toglie il disturbo o il suo impero si trasforma in un pugno di mosche. Perciò il gesto del Cavaliere è stato fatto per salvare le proprie aziende. La medesima motivazione che 17 anni fa lo spinse a entrare in politica con l'allora gruppo Fininvest che aveva l'acqua alla gola per i debiti. Sarà un caso, ma nel videomessaggio del presunto commiato il leader del Pdl ha usato le stesse parole con cui annunciò la discesa in campo davanti alla telecamera con l'obiettivo coperto dalla leggendaria calza di seta.
Dove sia stata la politica in questi anni e come abbia esercitato il suo primato non è dato saperlo. Forse una legge sul conflitto di interessi (vero centrosinistra?) sarebbe servita per inserire nel sistema gli anticorpi contro questo rischio. Al di là di quello che potrà combinare il Cavaliere da qui in avanti, perciò, anche questo potrebbe essere un punto del programma di governo di Mario Monti. E non necessariamente rivolto contro Berlusconi, come si potrebbe spiegare a quei rappresentanti di centrodestra che sono lì a piangere finte lacrime sulla morte della politica.
Finte lacrime perché ammesso e non concesso che la politica sia morta con il trasloco di Berlusconi da palazzo Chigi a palazzo Grazioli, resta da chiedersi cosa abbiano mai fatto i componenti dell'attuale ceto politico per tenerla in vita.
La qualità di certi esponenti del governo, lo scilipotismo degenerazione del mastellismo, i salti della quaglia mai così spudorati come in questa scalcinata legislatura fanno parte del primato della politica? Perché come le idee viaggiano sulle gambe degli uomini anche la politica cammina assieme agli eletti. Il ministro Rotondi ha evocato De Gasperi scandalizzato da lassù di fronte al tentativo di Monti. Ma di fronte a certi figuri, probabilmente lo statista trentino avrebbe chiesto di tornare sotto l'Austria.
Va detto che parlare di eletti con questa legge che regola il voto è improprio. Si tratta di personaggi nominati dai capibastone che purtroppo, come capita spesso all'umanità, prediligono i servitori compiacenti.
Ecco perché, i nostalgici della politica credibile dovrebbero approfittare dalla pausa di decantazione offerta dal governo Monti per mettere mano alla legge elettorale, prerogativa del Parlamento, su cui peraltro incombe il referendum. Ma cercheranno di non farlo perché metterebbero a repentaglio il loro futuro politico. Chi li voterebbe mai?
Francesco Angelini

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