«Oh, oh! Mi è sembrato di vedere un gatto». Ricordate Titti con Gatto Silvestro? In Comune è successo qualcosa di simile. A un anno dall'avvio dei lavori, una volta caduti i veli dal cantiere, l'ex palazzo Cucchi si è svelato come una sorpresa uscita dall'uovo di Pasqua. Ma, soprattutto, ha svelato impietosamente il clamoroso autogol del Comune, degno dell'indimenticato Comunardo Niccolai.
Ricapitoliamo. Il palazzo ex Cucchi non è ubicato in una remota zona periferica, bensì all'incrocio tra via Boldoni e piazza Perretta. In centro storico, a poche centinaia di metri da Palazzo Cernezzi. L'intervento di ristrutturazione, quindi, era sotto gli occhi di tutti. Tanto più che l'edificio non è certo un monolocale. Dopo anni di attesa (il crollo risale al luglio del 2002), dodici mesi fa, è stata presentata la Dia - acronimo che sta per Denuncia di inizio lavori - ed è partito il cantiere. Alleluja. Il minimo che ci si potesse aspettare, considerata l'ubicazione centrale e l'imponenza dell'edificio, era che il Comune controllasse periodicamente il cantiere. E non che si riducesse a muoversi quando ormai il bubbone era scoppiato. Invece no. Perché intervenisse si è dovuto attendere il pronunciamento del Tribunale civile (che il 27 ottobre scorso, di fatto, ha restituito il cantiere alla proprietà), una serie di articoli di stampa e lo "spacchettamento" dell'ex Cucchi. Solo a quel punto il Comune ha mandato sul cantiere la polizia locale per un controllo e si è accorto del... gatto. Solo che il gatto, giusto per scomodare un altro mito come Trapattoni, era ormai nel sacco.
A rendere ancora più paradossale la vicenda è che non era nemmeno necessario mandare i vigili a far verifiche in cantiere per accorgersi che qualcosa non andava. Sarebbe bastato aprire la pratica - che riguarda, lo ribadiamo, uno dei più importanti e imponenti interventi edilizi nel cuore di Como - per rendersi conto che la documentazione era largamente incompleta. All'appello, infatti, mancavano una serie di carte essenziali per la correttezza del procedimento: il Durc (ovvero il documento di regolarità contributiva dell'azienda titolare dei lavori, senza il quale non è possibile operare), la dichiarazione che attestava l'idoneità tecnica e professionale delle imprese incaricate e, da ultimo, l'indicazione della data di inizio dei lavori. Il Durc, in particolare, mancava anche in un'altra pratica edilizia balzata di recente agli onori della cronaca: quella della ex Lechler di Ponte Chiasso. E in quel caso i carabinieri dei Nas sono arrivati a ipotizzare un'omissione in atti d'ufficio da parte dell'Ufficio tecnico. Ieri il dirigente dell'Area di governo del territorio, Roberto Laria, ha notificato ai proprietari dell'ex Cucchi (la società Quadrifoglio 2000), al direttore dei lavori (Massimo Seveso) e all'impresa esecutrice (la Officina delle Costruzioni srl di Capiago Intimiano) una diffida formale a mettersi in regola entro 15 giorni, pena l'invio di sanzioni. Ma lo sconcerto per una vicenda tanto paradossale resta. È possibile che in un anno nessuno abbia verificato la regolarità e la completezza della documentazione? E ancora: è pensabile che per un anno abbia operato in pieno centro un cantiere che non aveva nemmeno i requisiti per partire? Tant'è. L'ennesimo autogol del Comune-Comunardo ormai è fatto. E stavolta non c'è nemmeno bisogno di scomodare le paratie o l'ex Ticosa.
Emilio Frigerio
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