Quel Monti reticente
sui tagli alla politica

Nell'Italia dove è sempre piazzale Loreto, con gli osannati di ieri esecrati e sputacchiati oggi e i nuovi sempre belli, buoni, intelligenti, biondi e tatuati. Splendido il debutto di Monti in Parlamento, al di là della letargia dilagante e documentata dalle impietose telecamere. Impeccabile lo stile sobrio e misurato dopo l'epoca delle corna, delle pernacchie e delle generose scollature ministeriali.
Smarriti in questo mare magno di melassa, forse ci siamo persi i contenuti. Cosa ha detto infatti il nuovo premier? Che rimetterà l'Ici sulla prima casa. La tassa un tempo considerata la più odiosa e ora accettata come un'inevitabile supposta, fastidiosa ma necessaria. Il balzello che Prodi tolse ai ceti medio bassi e Berlusconi a quelli alto alti ricompare sotto altre spoglie, magari più onerose.
Un'altra certezza che ha distillato Monti è quella delle pensioni. Lavoreremo di più ma non lavoreremo tutti. Perché i figli troveranno i padri a occupare i loro posti. Del resto lasciare la fabbrica o l'ufficio sarà molto meno confortevole di oggi con il passaggio dal sistema retributivo e quello contributivo. Gli assegni saranno parecchio più leggeri e allora tanto vale tenersi lo stipendio finché si può.
Ma anche questa riforma è tanto impopolare quanto inevitabile viste le leggerezze del passato. Gli italiani, terrorizzati dallo spread, sono ben disposti ai sacrifici. Sarebbe bello che il governo Monti li imponesse a tutti. Compresi i politici che oltretutto qualche castigo se le meriterebbero, stando almeno alla vulgata comune per cui improvvisamente tecnico è bello e politico fa schifo.
Su tagli alla politica, però, finora il professor Monti è apparso fumoso e un po' reticente. Un passaggio di routine come quelli sentiti in tanti discorsi di quei predecessori dell'attuale premier che faticavano a stare seri mentre li enunciavano.
In attesa di smentite, che magari potrebbero arrivare già domani con il primo consiglio dei ministri, è questa la zona d'ombra. Perché si sa che è facile mettere le mani in tasca dei cittadini. Meno in quelle dei politici. Tutte le proposte in tal senso sono rimaste lettera morta. E ogni volta che, per sbaglio, una proposta di legge faceva capolino in Parlamento (come è capitato a quella sul taglio delle Province) scattava una morsa bipartisan non dissimile, come numeri, all'accordo che ha consentito a Monti di ottenere una fiducia bulgara. Forse per questa ragione il professore senatore a vita è rimasto reticente sui tagli alla politica. Non voleva inimicarsi subito coloro da cui dipende il destino del suo governo.
Ma vista la qualità della compagine governativa, gli italiani non hanno torno ad aspettarsi una soluzione che possa far ingoiare anche i politici un po' di quella medicina amara che tutte le famiglie a breve si troveranno sul comodino. Perché va bene pagare per rimanere in Europa, ma non per continuare a mantenere i vizi degli inquilini dei palazzi. È questa la sfida più difficile per il governo, ma è anche la principale aspettativa degli italiani. A meno che Monti e compagnia, come altri tecnici prestati in passato ai palazzi, non si facciano ammaliare dalla politica e rinuncino ai tagli per garantirsi un avvenire agiato. Ma c'è da augurarsi che non succederà.
Francesco Angelini

© RIPRODUZIONE RISERVATA