Quel diritto negato
della cittadinanza

Vivere in un paese, anche se figli di cittadini stranieri, comporta il fatto di essere comunque "cittadini" di quella nazione. E cittadini non ci s'inventa, lo si deve diventare a tutti gli effetti, per capire quali sono le regole, per assumersi la responsabilità del bene comune, del sentire l'appartenenza a quella comunità.
Eppure non per tutti è possibile avere la cittadinanza italiana, ad esempio per i bambini, con genitori che vivono in Italia, che sono nati qui e che qui da noi frequentano la scuola, incontrano gli amici, vivono una loro vita "normale" come quella degli italiani. E allora perché non possono avvalersi del diritto di potersi chiamare "cittadini" italiani?
E' una questione un po' paradossale perché se una persona si vede negato il diritto alla cittadinanza, come può pensare di integrarsi, di avere a cuore il Paese in cui vive? Lo ha sottolineato anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al quale, giustamente, il tema sembra è molto caro e ha usato parole decise e precise, senza mezzi termini. Dicendo che "è una follia che i bambini, figli di immigrati, nati nel nostro paese non abbiano la cittadinanza italiana", ha di fatto ribadito che è necessario discutere e giungere ad una nuova legge che garantisca questo diritto.
La cittadinanza non è un titolo nobiliare, ma uno dei diritti fondamentali dell'uomo e la civiltà di un paese si misura sulla capacità che ha di mettere di fronte alla legge, con gli stessi diritti, senza differenze, tutti coloro che vivono nel suo territorio.
Molte sono le posizioni, anche polemiche, di fronte a questa proposta: è chiaro che va discussa e soprattutto ormai non è più il tempo di far finta che il problema non esista. La cittadinanza non è una concessione che uno Stato fa ai cittadini. Sono i cittadini che formano lo Stato, quelli che vi sono effettivamente nati, anche se di etnie diverse, quelli che nel nostro paese frequentano le scuole, rappresentano una parte ormai consistente della nostra popolazione, che per una effettiva integrazione hanno bisogno di essere sullo stesso piano dei "cittadini" italiani "doc", anche perché i figli di genitori stranieri crescono assorbendo la cultura del nostro paese, frequentando i luoghi di ritrovo che frequentano i nostri figli, facendo proprie mode e abitudini della nostra terra, anche se permane, com'è giusto che sia, la memoria della cultura originaria, quella che viene trasmessa loro dalle famiglie.
L'abbiamo detto molte volte che la multiculturalità non è crimine o un disvalore, ma una ricchezza per la nostra società, per tanti motivi e per tante ragioni. Tutto questo parte dall'idea di cittadinanza, cioè di appartenenza. E' un valore che tutti dobbiamo riscoprire, non solamente una parola vuota, Con il suo appello Napolitano sa di puntare il dito su un tema scottante, quello della responsabilità. Riportare il tema sulla "cittadinanza" equivale, per il Presidente della Repubblica, a sollecitare anche noi a riflettere su un tema che non è una parola, ma una condizione.
E' stata da poco introdotta, a scuola, una materia nuova, "Cittadinanza e Costituzione": un elemento importante per uno stile educativo che privilegi il senso civico, il rispetto delle regole e delle leggi, per essere partecipi del bene comune. Per gli insegnanti diventa difficile spiegare, in una classe, con molti bambini stranieri, come mai non tutti possono dirsi "cittadini italiani". Se un bambino chiede perché un altro non ha la cittadinanza, che cosa deve rispondere un insegnante? E i bambini in questo sono molto lucidi e capiscono subito certi paradossi e chiedono: "Se è nato in Italia e vive nel mio stesso palazzo, perché io sono cittadino italiano e il mio compagno no?".
Difficile rispondere, perché bisognerebbe ammettere che il principio di uguaglianza a volte, come in questo caso, è arbitrario. Ha ragione Napolitano: una nuova legge è urgente, anche perché il paesaggio sociale italiano varia molto in fretta e l'Italia di oggi non è più quella di dieci anni fa. I bambini nascono, ma sono soprattutto bambini, figli di stranieri. E questo non si può ignorare.
Fulvio Panzeri

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