La libertà non è stare sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.
La bellissima canzone di Giorgio Gaber dedicata alla dignità dell'uomo, è stata utilizzata ieri per festeggiare la firma in calce all'accordo che, dopo mesi di tensioni, cancella i rischi di 300 licenziamenti alla Sisme di Olgiate Comasco, la più grande fabbrica metalmeccanica in provincia di Como.
Trecento esuberi, trecento persone molte delle quali lavorano da trent'anni alla Sisme su cui pendeva la spada di Damocle di trovarsi senza lavoro e stipendio nel giro di un paio d'anni. Trecento storie ognuna diversa, ma alla fine tutte uguali: il mutuo da pagare, i figli da crescere. L'amarezza di sentirsi inutile se al mattino non hai un lavoro per dare senso alla giornata: una macchina da avviare, un motore da assemblare, una pila di documenti da compilare, il telefono che squilla perché qualcuno ha bisogno di te, una pausa caffè alla macchinetta con i colleghi per parlare di calcio o di che cosa preparerai per cena. E non importa se a fine mese passi in banca a ritirare l'assegno della cassa integrazione. Soldi importanti, ci mancherebbe, che aiutano a campare, non a cancellare quel senso di frustrazione che casca addosso a chi rimane senza lavoro.
Festeggiare oggi per lo scampato pericolo è giusto. Illudersi che la partita sia chiusa sarebbe sciocco e poco onesto per i lavoratori. Un'azienda seria - e la storia della Sisme e del suo fondatore Antonio Costantini è lì a dimostrarlo - non arriva a dichiarare trecento posti di lavoro in esubero a cuor leggero. Quando lo fa è perché i conti non tornano più. Perché il mercato, la crisi, forse qualche scelta d'investimento sbagliata hanno fatto scattare l'allarme rosso nelle banche. Pensare che oggi tutte queste condizioni siano magicamente cambiate è un'illusione. Per questo motivo è fondamentale, dopo aver messo in sicurezza il reddito dei lavoratori attraverso la proroga dei contratti di solidarietà ancora per un anno, che azienda e sindacati si mettano a lavorare insieme su un concreto progetto di rilancio dell'attività produttiva nella fabbrica di Olgiate. Come dice il prefetto Michele Tortora, il cui intervento è stato decisivo per riavvicinare le parti ed evitare l'occupazione, la mediazione è stata possibile perché entrambi hanno riconosciuto nella salvezza dell'azienda a Olgiate Comasco l'obiettivo comune.
Non possono però essere lasciati soli. Per espellere definitivamente dal campo l'opzione delocalizzazione in Slovacchia delle due linee produttive come chiesto dalla Bosch, è necessario che la squadra venga rafforzata. Fondamentale che nei supplementari entrino in campo le istituzioni e la politica che finora non hanno certo brillato d'iniziativa. I numeri della Sisme di oggi saranno ben diversi fra tre anni, quando terminerà il percorso di riorganizzazione, inevitabile se davvero si vogliono far quadrare i conti. Non sbagliare i progetti, ad esempio, per stimolare la nascita di nuove attività in zona che possano creare alternative di lavoro, deve essere l'impegno di tutti.
La politica dell'assistenzialismo, degli ammortizzatori sociali reiterati nel tempo in nome della pace sociale, oggi mostra le corde. La gente vuole lavorare. Perché la libertà non è stare sopra un albero, la libertà è partecipazione.
Elvira Conca
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